Austrian Airlines, tagli “choc” per reggere la concorrenza
VIENNA
Alitalia e Austrian Airlines (Aua), due storie parallele. Per entrambe un passato da aziende di Stato, con produttività sotto zero e bilanci costantemente in rosso. La resa dei conti è venuta quando l’Ue ha posto fine agli aiuti dello Stato e così tanto l’Alitalia che l’Aua, pressoché negli stessi mesi, si sono trovate a un bivio: portare le scritture contabili in Tribunale per chiedere la liquidazione o trovare un acquirente disposto a farsi carico della baracca. Per Alitalia sappiamo come sono andate le cose. A salvare Aua ci ha pensato Lufthansa, che già qualche anno prima aveva fatto un’operazione analoga con la fallita Swissair (la compagnia elvetica ora è in espansione e produce utili). Lufthansa ha tentato di fare lo stesso con Aua, ma con minore successo. Le sinergie aziendali, l’eliminazione delle sovrapposizioni nelle rotte internazionali, il taglio delle destinazioni meno redditizie non sono bastati.
Il bilancio 2011 si è chiuso con una perdita di 66 milioni. Il piano di risanamento è fallito per la gestione troppo onerosa del personale e gli alti costi dell’hub di Vienna. Ma per una compagnia aerea che si chiama Austrian Airlines e il cui baricentro sta nella capitale austriaca quell’hub non si può evitare. L’unico spazio su cui intervenire resta quello del personale, che, nonostante il passaggio di proprietà, ha continuato a godere di vecchi privilegi, ignoti ai colleghi della casa madre tedesca o della Swissair. Qualche esempio può essere utile. Il contratto di lavoro prevede per il personale di bordo un massimo di 90 ore di volo al mese, di cui 70 considerate ordinarie e 20 in straordinario. Di conseguenza lo stipendio medio mensile di un pilota Aua è di 13.000 euro, cui possono aggiungersi altri 2.200 euro, se si arriva al tetto delle 90 ore. L’azienda incomincerà a tagliare da qui. Il nuovo contratto in discussione prevede 100 ore di volo al mese e senza straordinari.
Un altro privilegio riguarda il trattamento di fine lavoro. Ora si calcola moltiplicando per 30 lo stipendio dopo 10 anni di anzianità aziendale; se l’anzianità supera il 25 anni, si moltiplica per 39. Non sarà più così: i futuri pensionati dovranno accontentarsi di 12 mensilità. Il personale di terra non gode degli stessi privilegi, ma l’azienda intende intervenire anche su di esso nella parte normativa. In futuro il management avrà maggiore libertà di impiego dei 5800 dipendenti e questo preoccupa il sindacato, che è già sul piede di guerra e minaccia scioperi. Ma la minaccia non spaventa nessuno. Sono passati i tempi in cui il sindacato poteva dettar legge. Ora è in gioco la sopravvivenza della compagnia. Con il prezzo del carburante raddoppiato negli ultimi 5 anni e i prezzi dei biglietti dimezzati per reggere la concorrenza, il fallimento scongiurato solo pochi anni fa potrebbe riproporsi. Il tempo stringe. Una decisione sul pacchetto con tutte le misure di risanamento verrà presa dal consiglio di sorveglianza in una riunione il 29 febbraio.
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