Austria-Serbia, fronte comune sui migranti
BELGRADO. Prima l'investitura del Parlamento serbo, poi quella dell'Austria, Paese tradizionalmente attento e presente nei Balcani, che per bocca del ministro degli Esteri Sebastian Kurz lo ha definito «un'àncora per la stabilità nella regione». E prossimamente quella degli Stati Uniti, con il vicepresidente americano Joe Biden atteso a Belgrado la settimana prossima. Settimane importanti, quella corrente e quella a venire, per il primo ministro conservatore serbo, Aleksandar Vu›i„, ufficialmente incoronato premier l’altra sera dal voto della Narodna Skupstina. Vucic ha ieri esordito, da vecchio-nuovo capo del governo, con un importante viaggio ufficiale a Vienna. In agenda incontri con il cancelliere socialdemocratico Christian Kern e con Kurz, il ministro che ha ringraziato via Twitter la Serbia «per la chiusura della rotta balcanica, che ha portato a una riduzione dell'immigrazione illegale». Kern ha invece vivacizzato il vertice serbo-austriaco offrendo a sorpresa a Vucic la disponibilità di Vienna a inviare in Serbia in caso di necessità, come in Ungheria, militari e poliziotti austriaci, da dispiegare sulle frontiere assieme alle Ong per meglio controllare il flusso di migranti. «Attendiamo l'aiuto dei nostri amici austriaci per rendere sicura la frontiera e nel fornire assistenza umanitaria», ha risposto Vucic.
Il premier di Belgrado ha poi ribadito che la Serbia resta comunque pronta a far fronte a un eventuale nuovo massiccio afflusso di migranti, proteggendo i propri interessi nazionali e insieme quelli dell'Europa, anche se per ora gli arrivi sono ancora sotto controllo e una vera emergenza «al momento» non è in vista. Serve comunque supporto per far fronte agli «ingressi illegali» favoriti dai trafficanti di esseri umani, ha specificato da parte sua il ministro serbo degli Interni, Nebojsa Stefanovic, anche lui a Vienna. Stefanovic ha rivelato che poliziotti austriaci potrebbero essere schierati lungo la frontiera serbo-macedone, assieme a quella bulgara il fronte più caldo. In Serbia, secondo l'Unhcr, sono ora circa 4 mila i migranti e i profughi in attesa di proseguire il viaggio verso l'Ungheria, con più di un migliaio accampati in «condizioni difficili» nei pressi del confine magiaro, nelle due Idomeni in miniatura ai valichi di Horgos e Kelebija.
Di migranti difficilmente parlerà Vucic con il vicepresidente americano Joe Biden, in arrivo a Belgrado martedì. Massima segretezza sull'agenda di Biden, ma sicuramente tra i punti all'ordine del giorno ci sarà la natura dei rapporti tra Mosca e Belgrado, protesa quest'ultima verso l'integrazione Ue, pur senza disdegnare relazioni amichevoli con la Russia. Mosca che invece tenterà di marcare il territorio in Serbia con un'altra visita di significativa caratura, quella del primo ministro Dmitry Medvedev, atteso nella capitale serba il mese prossimo. Biden e Medvedev saranno ricevuti da Vucic, incoronato come detto primo ministro dopo il discorso-maratona seguito da tre giorni di discussioni e polemiche al Parlamento serbo. A votare a favore del nuovo gabinetto sono stati 163 deputati, 62 i contrari. L'esecutivo è ora composto da 19 ministri, tre senza portafogli, e include esponenti del Partito progressista di Vucic e dei Socialisti di Ivica Dacic, che conserva la poltrona di ministro degli Esteri. Rimangono in posti chiave, come nel precedente esecutivo, anche Zorana Mihajlovic (Trasporti), Rasim Ljaji„ (Telecomunicazioni), Aleksandar Vulin (Lavoro), Aleksandar Antic (Energia). «Ci batteremo per un Paese dove ognuno possa vivere meglio» di oggi, ha detto Vucic dopo il giuramento. E il Paese ora attende il governo alla prova dei fatti.
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