Austria, barriera pronta sul confine sloveno
UDINE. Nessun profugo all'orizzonte sul fronte italo-austriaco, da Tarvisio al Brennero. O meglio, ci sono sì persone che varcano il confine in un senso o nell'altro, ma i movimenti di massa per ora non si vedono.
Nei mesi scorsi, dopo la chiusura della rotta balcanica, il ministro degli Esteri austriaco Sebastian Kurz aveva paventato l'arrivo dal l'Italia di 300mila migranti: non potendo più seguire la via attraverso Macedonia, Serbia e poi su su fino alla Slovenia, avrebbero attraversato il Mediterraneo per risalire la nostra penisola.
Il fenomeno per ora non si è verificato. Sbarchi in Italia ce ne sono, frequenti, ma non nelle dimensioni temute. E in ogni caso, prima che i nuovi venuti arrivino al confine austriaco, passeranno ancora settimane o mesi.
Ciononostante l'Austria si prepara prudentemente al peggio. Un mese fa avevamo dato notizia delle misure che in quei giorni si stavano adottando al valico di Tarvisio. Ora sta avvenendo lo stesso anche lungo il confine tra Carinzia e Slovenia: anche qui, come a Tarvisio, per ora non si stanno allestendo barriere in rete metallica, ma ci si sta predisponendo per poterlo fare rapidamente qualora ve ne fosse la necessità.
Il ministero degli Interni prevede di dover installare una recinzione simile a quella montata alla fine dell'estate scorsa a Spielfeld, principale porta di ingresso dei profughi dalla Slovenia in Stiria. Per ora non c'è alcun cantiere di lavoro.
Funzionari del ministero stanno prendendo contatto con i proprietari delle aree per illustrare loro gli interventi previsti, che consisterebbero sostanzialmente nella posa di pali nel terreno, a cui poi sarebbe agganciata la rete. Le procedure sono le stesse seguite in Stiria e nel Burgenland. Pare non vi siano i presupposti giuridici per un'occupazione del suolo d'autorità: è richiesto il consenso dei proprietari, con i quali andrà concordato un indennizzo.
Gli interventi riguardano per lo più valichi minori, dato che per quello principale delle Caravanche non ve n'è bisogno, trattandosi di un tunnel. I nomi sono quelli di Grablach, Lavamünd, Raunjak e Leifling. Ai lati di ciascuno di questi valichi dovrebbe essere montata una recinzione lunga da uno a due chilometri.
Lo scopo - come tiene a sottolineare il portavoce della polizia, Rainer Dionisio - non è impedire ai profughi l'ingresso in Austria, ma evitare che arrivino in ordine sparso, per i campi e per i boschi circostanti, a volte con pericolo per la loro stessa incolumità. La rete sarà montata solo in caso di afflussi consistenti.
Ma perché se ne parla ora? Gli arrivi dai Balcani non si erano interrotti? Evidentemente Vienna teme che possano riprendere e i segnali che arrivano dalla Macedonia e dalla Serbia, di cui abbiamo riferito nei giorni scorsi, lo confermano: l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i profughi di Belgrado stima un passaggio quotidiano di 300 persone provenienti da Macedonia e Bulgaria.
Non sono i 5-6 mila al giorno dello scorso settembre, ma potrebbero aumentare. E che la situazione stia diventando critica lo si deduce anche da quanto accade al confine tra Austria e Ungheria. La polizia austriaca aveva disposto più severi controlli ai valichi, soprattutto per intercettare pullman e camion di trafficanti, con a bordo profughi.
L'Ungheria ha reagito con misure di rappresaglia, controllando puntigliosamente anche il traffico in entrata nel Paese, benché nessun profugo faccia il percorso inverso. Si sono formate così code lunghe chilometri. La situazione è talmente tesa che il ministro degli Interni, Wolfgang Sobotka, ha convocato l'ambasciatore ungherese.
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