"Aumentato il lavoro nero in Fvg" In rivolta gli orfani dei voucher

Dai negozi ai bar, dalle aziende agricole alle colf. Le tensioni in Parlamento riaccendono i riflettori sulle forme di pagamento delle prestazioni occasionali.In regione si rimpiangono i vecchi strumenti
Un' immagine di un voucher, Roma, 11 gennaio 2017. I voucher sono dei buoni lavoro erogati dall'Inps con cui il datore di lavoro puo' pagare alcuni tipi di prestazioni accessorie, cioe' che non sono riconducibili a contratti di lavoro in quanto svolte in modo saltuario. ANSA / ETTORE FERRARI
Un' immagine di un voucher, Roma, 11 gennaio 2017. I voucher sono dei buoni lavoro erogati dall'Inps con cui il datore di lavoro puo' pagare alcuni tipi di prestazioni accessorie, cioe' che non sono riconducibili a contratti di lavoro in quanto svolte in modo saltuario. ANSA / ETTORE FERRARI

TRIESTE. Marzo 2017: l’Italia delle prestazioni occasionali si ferma. A Trieste i datori di lavoro che dispensavano i 4mila voucher in circolazione fino a quel momento - e che, secondo una stima di Cgil, corrispondevano più o meno ad altrettante persone -, sono costretti a chiudere molti rapporti lavorativi instaurati quando erano entrati in vigore i “buoni”. Il settore agricolo in Friuli perde una ruota importante del sistema. Ruota che consentiva alle aziende strutturate (circa 5mila, secondo le stime di Coldiretti Fvg), di avvalersi di collaboratori preziosi in particolari periodi dell’anno, come quelli della vendemmia e della raccolta della frutta. Ma anche bar, ristoranti, alberghi e il mondo dell'edilizia sono rimasti scottati. Così come badanti e colf. Quasi nessun settore è uscito indenne.

I voucheristi - 63mila in Fvg nel 2016 per un totale di 6milioni di ticket venduti -, si ritirano mestamente a casa. Per loro si prospettano tre scenari alternativi, uno positivo e due negativi. Da un alto si assiste infatti ad un aumento di nuovi contratti e assunzioni. Dall’altro il costo del lavoro ritenuto troppo alto spinge molti datori ad arrangiarsi con le proprie forze e a lasciare a casa i collaboratori che prima davano una mano a fronte del pagamento in voucher. E dall’altro ancora, denunciano i sindacati, si riscatena nuovamente il nero. Un tema di non facile soluzione, come dimostrato dalla profonda spaccatura emersa in Parlamento sabato scorso, che ha fatto persino traballare il governo. Come noto, al termine di una giornata politicamente rovente, e solo grazie a una maggioranza trasversale, è stata votata una nuova e più severa disciplina in materia. Ma intanto, osservano gli addetti ai lavori, si sta tornando indietro nel tempo.

«È un problema serio l’attuale vuoto di voucher - interviene Dario Ermacora, presidente di Coldiretti Fvg -, siamo preoccupati. Tante aziende mi chiedono cosa succederà, ci aspettavamo una risposta veloce, perchè per certi aspetti la mancanza di una forma snella di regolamentazione del lavoro occasionale per il nostro comparto è un dramma. I voucher servivano per sopperire alle tipologie contrattuali che riguardano al massimo un giorno lavorativo o qualche ora». In agricoltura è molto sfruttato il contratto avventizio, proprio per il lavoro stagionale, «ma non risponde a tutte le necessità, abbiamo bisogno di forme lavorative senza eccesso di burocrazia che seguano le variabili delle condizioni meteo, i momenti della raccolta, le lavorazioni. In Parlamento - continua - sta passando una formula chiamata a sostituire i voucher per le aziende con meno di cinque dipendenti, ma per noi è un'assurdità. Tanto più che il voucher era nato per l'agricoltura, anche se alla fine ne abbiamo utilizzati solo l'1,3% sui totali, perché il regolamento era rigido nel nostro settore e prevedeva lo potessero usare solo studenti universitari, pensionati e persone in cassa integrazione». E prima dei voucher come si faceva? «Probabilmente non c'era quella legalità che c'è oggi, c'erano meno controlli e problemi, mentre oggi tutti vogliono essere a posto, quindi si parte dal principio che l'azienda sia nella legalità, però bisogna metterla nelle condizioni di poterlo fare».

Nel frattempo dunque per limitare i danni, si sostituisce la manodopera con le macchine agricole, qualcuno stipula contratti oppure rinuncia ai lavoratori in più. Il vero problema comunque, se non verrà introdotto per tempo uno strumento alternativo, si paleserà da luglio con la raccolta delle pesche e poi via via con il resto.

Allarmati anche negozianti e titolari di pubblici esercizi. «I costi per i contratti sono troppo alti, i datori piuttosto ne fanno a meno e chi ha ancora dei voucher li centellina - spiega il presidente di Confcommercio Trieste Antonio Paoletti -. Qualcuno ricorre a contratti a chiamata. Ma poi sarà sicuramente aumentato il nero: inutile mettersi i paraocchi e fare finta di niente».

«Ristoranti, alberghi e bar avevano uno strumento fondamentale, di cui beneficiavano diverse categorie di persone - osserva Carlo Dall'Ava, presidente regionale e provinciale di Udine di Fipe Confcommercio -. Innanzitutto i lavoratori che avevano già un lavoro e volevano arrotondare. E poi anche le mamme che avevano appena avuto un figlio, e che sono difficili da inserire. Attendiamo ora degli altri e adeguati strumenti come in tutta l'Unione europea».

Di tenore diverso le valutazioni di Michele Piga, segretario generale della Cgil Trieste, che non rimpiange i voucher e sposta l’attenzione su un altro fronte: «Ci sono 46 tipologie contrattuali in Italia. Il tema vero è il costo del lavoro, per cui fa comodo dare alle persone lavori che non garantiscono un orario, con una flessibilizzazione enorme. Bisogna pensare a una rimodulazione della tassazione del lavoro - conclude - spostandola su altre partite e non è bypassando Inps e altre garanzie e diritti che ha un lavoratore, che si va avanti».

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