«Attesa passiva, nessuna strategia Trieste non si sa vendere»
Turismo a Trieste, tutto da rifare. O meglio, appena da costruire. È penultima in regione (seguita da Pordenone) per le presenze, appena da poco ha superato Gorizia per gli arrivi mentre Udine le svetta sopra irraggiungibile. È opaca e inefficace nel vendere la propria immagine. Paradosso: non offre ai turisti il mare. È molto conosciuta per stima, non altrettanto preferita per farci un viaggio. Non è assistita da adeguate offerte su Internet, l’unica cosa che oggi cattura viaggiatori-lampo, mutevoli e informati. Ha ancora pochi alberghi e prevalentemente di bassa categoria. È perfino afflitta da non alto livello della rete di ristoranti. Schiacciata da stili promozionali perdenti, che condivide con l’intero Fvg, puntati sulla fiducia passiva (lo aspetti, e il turista arriva). Mentre oggi chiunque cerca luoghi, contenuti, prezzi, opportunità e itinerari e perfino emozioni pronti all’uso, e prenotazioni immediate da casa con un “clic”. E qui Trieste pare fuori dal giro. Falliti anche i blandi tentativi di promuoversi assieme alla sua provincia.
Non sono maldicenze. È la diagnosi di uno dei massimi esperti di marketing turistico, lo spagnolo Josep Ejarque, già direttore dal 2006 al 2008 dell’Agenzia regionale del turismo per la Giunta Illy dopo numerosi incarichi in Spagna e in Italia a Torino, non riconfermato dalla Giunta Tondo, e oggi a Torino presidente della società FourTourism che si occupa di consulenza nel settore del marketing turistico a livello nazionale e internazionale. E al quale il Consorzio Promotrieste ha chiesto mesi fa uno studio per mettere a fuoco un proprio più efficace ruolo di promozione del territorio, posto che ha praticamente perso il mercato “storico” dei congressi e che il Comune (socio) l’ha incaricato di occuparsi in via esclusiva del rilancio turistico di città e provincia.
Il lavoro di Ejarque è ancora segretissimo, nessuno rompe il patto del silenzio fino al giorno degli annunci ufficiali. Questa nelle grandi linee è dunque un’anticipazione assoluta delle oltre ottanta pagine che FourTourism dedica a un’analisi della situazione attuale di Trieste, al piano di lavoro per il Consorzio e alle prospettive che, cambiando radicalmente modello operativo e di gestione, si aprirebbero per la città in termini di flussi e dunque anche economici sull’arco intero dell’anno.
Le criticità sono il punto di partenza per trovare i correttivi. E per cominciare è urgente creare un centro manageriale e molto specializzato che metta a fuoco, elabori, costruisca e “cucini” in offerta commerciale quello che la città e la provincia offrono, dando un “focus”, una forma, una identità che suoni affascinante a tutto ciò che qui sappiamo essere apprezzabile, ma non ancora ben apprezzato: dai castelli alla cultura del caffè, dalle chiese di ogni religione alle architetture e alla letteratura, dal mare ai beni naturali del Carso. Se ne è sempre parlato molto, con scarsi risultati nonostante il turismo sia in lieve costante crescita, ma l’unica parola di pre-commento che filtra da Promotrieste è che «questo indubbiamente è un grosso piano di sviluppo di cui il territorio ha bisogno», che «certamente le linee-guida firmate Ejarque saranno messe in pratica», «che condizione essenziale e non rinviabile perché qualcosa prenda a funzionare è che ci sia un vero lavoro comune tra istituzioni e privati nessuno escluso». Infine si ammette: «Serviva il consulente, forse finora non eravamo maturi per mettere a punto una strategia, ma i tempi cambiano, e bisogna cambiare».
Non sottace, l’ampio studio di Ejarque (che peraltro già ben conosce Trieste), quel che è ultimamente successo, e cioé che Trieste terminal passeggeri ha di fatto occupato la Stazione marittima per crociere e altri eventi, e la sede dei congressi ha perso non solo i congressi (in vistoso calo di per sè) ma anche la sede in cui organizzarli, che era in origine la sua principale attività e un buon “business” per Trieste. Di conseguenza anche la città deve riorientarsi: non è più sede di turismo d’affari. Ma non è ancora la città d’arte che attira ammiratori come il miele le api.
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