Atleta triestino investito da un’auto si sveglia dal coma irreversibile
TRIESTE. «Per i medici non c’era nessuna speranza», racconta la sorella Giulia. «Proprio nessuna, così ci avevano detto...». Invece no. Il trentacinquenne triestino Enrico Maggiola, travolto da un’auto a Pordenone il 24 settembre scorso, si è svegliato dal coma. Un coma profondo, che sembrava irreversibile. Ora parla, cammina. Ha ancora difficoltà cognitive ma, mano a mano che passano i giorni, sembra migliorare.
Non sappiamo se ci sono già spiegazioni mediche precise su quello che sta accadendo al giovane. Quel che è certo è la felicità della sorella mentre parla del fratello: una felicità totale, travolgente. Giulia, assieme ai genitori, ha attraversato giorni di paura e dolore devastanti. «Nessuno può immaginare cosa abbiamo provato quando Enrico ha cominciato a muovere le mani e ha aperto gli occhi».
L’incidente del 24 settembre a Pordenone è avvenuto mentre il trentacinquenne stava attraversando la strada sulle strisce pedonali. Enrico era in tenuta ginnica, al rientro dalla sua abituale corsa quotidiana. Il giovane, che alcuni anni fa si era spostato a Pordenone per ragioni professionali (lavora in una società finanziaria), è un atleta: un “ultramaratoneta” della nazionale italiana, nella specialità 24 ore. In queste settimane Enrico avrebbe dovuto partecipare ai mondiali. La sua famiglia, i Maggiola, è nota a Trieste perché possiede il circuito di cinema in centro città.
Il trentacinquenne aveva cominciato ad appassionarsi di podismo nel periodo trascorso a Philadelphia, dove aveva studiato per alcuni mesi. Una passione che, gara dopo gara, lo aveva portato a vestire i colori azzurri.
E anche quel 24 settembre il giovane era ad allenarsi. Quando l’automobile l’ha centrato, facendogli sbattere la testa contro la carrozzeria del veicolo, era in prossimità di una rotonda. Stava rincasando. Le vetture erano in coda, ma una si è staccata dalla fila per imboccare un’altra corsia. L’impatto è stato violentissimo. L’atleta è stato sbalzato ed è caduto sulle siepi che costeggiano la carreggiata. È entrato subito in un coma profondo. Sono stati alcuni infermieri, che passavano di là per caso, a prestargli i primi soccorsi. Immediato il ricovero all’ospedale di Pordenone.
«In Rianimazione i medici ci avevano detto fin da subito che le lesioni cerebrali dovute al trauma cranico erano gravissime – ricorda la sorella Giulia – sembrava davvero difficile sperare nel risveglio. Anche se l’esito era comunque impossibile da prevedere, come aveva precisato uno dei medici, visto che il cervello è un organo per molti versi ancora sconosciuto.
Mio fratello – ripercorre Giulia – era stato sedato e trasferito in un centro specializzato di Udine. Tolta la sedazione, Enrico aveva iniziato ad avere qualche lieve reazione. Muoveva un po’ le gambe e le dita... gli dicevi stringi la mano e la stringeva... e quando ha aperto gli occhi per me è stato il momento più felice della mia vita. Non avrei mai pensato di provare la gioia più grande della mia vita in un contesto così drammatico. Doveva succedere una cosa così grave per poter essere così felici».
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