Ater, via il peso Imu ma i canoni non calano Rottura sindacati-Cda

Il Sunia-Cgil: andavano alleggerite le quote alzate nel 2012 L’Azienda: la legge di stabilità però evoca una nuova imposta
Di Piero Rauber
Lasorte Trieste 26/04/12 - Piazzale De Gasperi, Case ATER
Lasorte Trieste 26/04/12 - Piazzale De Gasperi, Case ATER

Il canone? Non proprio equo, anche se l’anno che sta per cominciare non sarà più caro di quello che si sta per concludere. La probabile conferma del costo degli affitti dell’Ater del biennio 2012-13 pure per il 2014-15, probabile se non ormai scontata, scatena la reazione dal fronte sindacale, cavalcato dal Sunia, il Sindacato inquilini che opera sotto il capello della Cgil, che insiste anzi per una riduzione delle tariffe.

A tale fronte sindacale, in effetti, la certezza che sia stato appena scongiurato il rischio di un aumento delle quote non basta. La pretesa di un’inversione di tendenza non ha come sola causale la crisi. Due anni fa, ricordano dal Sunia, i canoni rincararono perché anche la stessa Ater finì tra i soggetti che avevano il dovere di pagare l’Imu. Una botta che, per inciso, nel 2012 finì per pesare per tre milioni e 330mila euro. Ora però, incalza il sindacato, l’Imu non c’è. Dunque i canoni vanno ricacciati all’ingiù. La voce, le rappresentanze degli inquilini, l’hanno decisa d’alzare dopo la seduta della Commissione paritetica Ater di lunedì, in cui - precisa dal Sunia Renato Kneipp - il rappresentante dello stesso Sunia, Piero Veronese, assieme agli altri delegati di affittuari e lavoratori, a nome di Sicet-Cisl e Ugl, hanno votato no alla proposta di delibera riguardante proprio la determinazione dei canoni per il biennio 2014-15.

Il parere, com’è noto, non è vincolante, però resta agli atti: carta canta, e tale carta finirà in Regione, il centro nevralgico di scelte che, inevitabilmente, devono essere politiche. «Seppure in presenza di una delibera che non prevede l’aumento degli affitti - spiega Kneipp - il voto contrario è motivato dal fatto che il Cda non ha inteso recepire la richiesta sindacale di restituire qualcosa almeno alle fasce di inquilini più colpite dagli aumenti operati nel 2012 per far fronte all’Imu. Siccome è chiaro che nel 2013 questa tassa non verrà pagata, il relativo risparmio doveva essere riconosciuto a chi lo aveva sopportato prima. Nulla ci è stato chiarito su che fine faranno questi soldi in più, a questo punto. Saranno utilizzati per nuove manutenzioni come andava sostenendo il presidente (dell’Ater regionale unica, che a fine anno decadrà e sarà sostituito da un amministratore unico provinciale, ndr) Claudio Serafini?». «Ricordo - fa eco - Veronese che due anni fa l’allora presidente Rocco Lobianco fu limpido nel dire che, se l’Imu fosse sparita, i canoni sarebbero ridiscesi. Noi continuiamo a credere che questo sarebbe giusto, in particolare per le famiglie che rientrano nella fascia intermedia (oggi tra i 15.600 e i 44mila euro di reddito lordo annuo, ndr), che, per quanto abbiamo potuto sapere dai nostri iscritti, nel 2012 hanno subito rincari stimabili tra i 400 e i 900 euro l’anno».

Perché allora l’Ater non fa marcia indietro? Un perché c’è, assicura il direttore Antonio Ius, ed è l’incertezza normativa che impone all’ente prudenza prima di illudere la gente. «È vero che per il 2013 non avremo l’uscita di tre milioni e 330mila euro del 2012 - mette le mani avanti Ius - ma è anche vero che qui a Trieste, per sedimentazione storica, abbiamo una serie di altre unità immobiliari non esentate dall’Imu, tipo negozi, uffici, magazzini, posti auto. Unità che ci garantiscono un introito dagli affitti di un milione e 300mila euro e per le quali dobbiamo ancora completare i conteggi di quanto ci saranno costate di Imu, posto che l’ultima rata scade il 16 dicembre. Il fatto è che poi, per il 2014, la legge di stabilità evoca tra le altre la Iuc, l’Imposta unica comunale, che noi ora possiamo solo immaginare che non darà un’imposizione superiore a quella dell’Imu. Al momento, dunque, i canoni restano così come sono». «È ora di finirla con queste stupidaggini», taglia corto infine, seccato, il presidente “a tempo” Serafini: «Non ho niente da dire su ciò che dicono i sindacati. La situazione è fin troppo chiara».

@PierRaub

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