Ater “tagliate”, si dimette Lobianco

TRIESTE. Dopo Attilio Vuga, Rocco Lobianco. Anche il presidente dell’Ater di Trieste si dimette. Poche righe, ieri mattina, per comunicare a Renzo Tondo e Riccardo Riccardi una decisione presa in riferimento «alla particolare situazione venutasi a creare». E’ il secondo scossone in meno di una settimana in casa Ater. A metà della prossima è peraltro previsto un vertice dei superstiti con la Regione. Lobianco, messi a posto gli ultimi adempimenti burocratici, lascia la carica come atto di «dignità personale», come era accaduto giorni fa per Vuga a Udine.
Nella lettera al presidente della Regione – che non commenta le dimissioni di due presidenti su cinque – e all’assessore competente, Lobianco sottolinea in ogni caso come «indispensabile il mantenimento dell’autonomia dell’Ater di Trieste» e considera «perseguiti e raggiunti» gli obiettivi aziendali. Poi, a margine: «L’edilizia popolare ha urgente bisogno di modifiche legislative e regolamentari, necessarie per rispondere ai veri problemi della comunità e garantire gli equilibri di bilancio; fin dal nostro insediamento le abbiamo chieste, indicate in forma scritta e più volte sollecitate». E invece, prosegue, «si risponde ora con la grossolana semplificazione commissariamento–Ater unica, invece di realizzare un intervento ragionato e puntuale a tutela della collettività. Non è la difesa di un “fortino” ma di una istituzione che in prima linea, tra mille vincoli normativi e assenza di risorse, cerca di operare al meglio per il bene comune. I “palazzi” – conclude Lobianco – sono altrove».
Non sarà l’ultimo a dimettersi, si continua a sostenere in ambiente Ater. L’altro indiziato è il presidente di Gorizia Pietro Zandegiacomo Riziò che però spiega di aver valutato in cda pro e contro di un eventuale passo indietro e di aver ritenuto, al momento, di restare in sella. «Un po’ per senso di responsabilità – commenta – un po’ perché atti formali non sono ancora pervenuti dall’amministrazione regionale». E dunque «ci prepariamo a rispondere alla convocazione in assessorato di mercoledì prossimo, ben sapendo che la Regione ha diritto e potere di intervenire nell’ottica della razionalizzazione».
In Friuli le posizioni sono invece differenziate. Il presidente di Pordenone Claudio Serafini fa sapere di essere «da sempre favorevole alla riforma». E aggiunge: «Sono stato nominato dalla politica e rispetto quanto la politica decide di portare avanti». A Udine, invece, dove è iniziata la protesta, il vicepresidente Lorio Murello ha convocato un cda molto critico con la Regione. Sotto accusa, si legge in una nota post-consiglio, «il dibattito sulla riforma iniziato senza un reale coinvolgimento delle Ater e con molti atti secretati, che si sta banalmente e strumentalmente trasformando in un atto di accusa nei confronti dei costi dei vertici aziendali».
Si precisa quindi che i compensi dei cda delle Ater sono fissati dalla Regione con la legge 24/2009 e delibera della giunta regionale 690 del 2006 e ancora che il direttore dell’Ater di Udine ha una remunerazione di 130mila euro, oltre a eventuali 18mila legati al raggiungimento di risultati prefissati, «il tutto sulla base di un contratto a tempo determinato e quindi privo di ogni ammortizzatore sociale in caso di interruzione del rapporto di lavoro e comunque in linea con la delibera della giunta regionale 1653/2010 che determina i compensi dei direttori e vicedirettori regionali. Come mero termine comparativo si evidenzia che un pari livello regionale ha uno stipendio di 145mila più 8mila euro con un contratto a tempo indeterminato». Si rimarca infine che «gli amministratori e i dirigenti dell’Ater di Udine non dispongono di vetture aziendali, telefonini o altri benefit. E, a proposito di “sperperi”, siamo sempre disponibili a spiegare come l’Ater riesca a gestire un bilancio di 19 milioni di euro con 3 dirigenti di cui due a tempo determinato». Il cda friulano chiude con l’invito alla giunta di fissare la gratuità della funzione di consigliere Ater. Dimissioni? Il consiglio si dice disponibile a rassegnarle, quando se ne riscontrasse l’utilità.
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