Asta milionaria da Sotheby’s per la barca triestina dipinta da Schiele

Quotazioni tra 7 e 9 milioni di euro per l’opera del viennese realizzata nel 1912 e mai messa in vendita prima d’ora  

TRIESTE «Ho sognato Trieste, il mare, posti lontani. Nostalgia, ardente desiderio! Per consolarmi mi sono dipinto una barca panciuta e colorata come quelle che dondolano sull’Adriatico. E con essa la nostalgia e la fantasia possono veleggiare in mare aperto... Oh mare». Egon Schiele lo scriveva nel 1912 nel “Diario dal carcere”, durante la detenzione a Neulengbach, presso Vienna, con la terribile accusa di seduzione di una quattordicenne. Quella “barca panciuta e colorata” sarà battuta all’asta a Londra il prossimo 26 febbraio per 6/8 milioni di sterline (6,7/9 milioni di euro) nella vendita serale di arte impressionista e moderna dalla prestigiosa Sotheby’s.

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“Trieste Fishing Boat” potrebbe stabilire un nuovo record visto che si tratta dalla pittura giovanile di Egon Schiele. Un suo paesaggio urbano del 1913 è stato venduto lo scorso novembre per 24,6 milioni di dollari a New York, segnando il secondo prezzo più alto per l’enfant prodige della secessione viennese, allievo di Gustav Klimt, morto a soli 28 anni. Nel 1907 Schiele, diciassettenne, era stato in vacanza a Trieste con la sorella Gertrude dove aveva eseguito diversi schizzi nella zona del porto, tra cui un olio intitolato “Porto di Trieste” (“Harbor of Trieste”), in prestito alla Neue Galerie di Graz, che fu esposto nel 2002 al Museo Revoltella come integrazione della mostra “Klimt, Kokoschka, Schiele. L’età d’oro di Vienna” allestita nel complesso del Vittoriano di Roma.

Il dipinto “Hafen von Trieste” venne battuto all’asta a Londra nel 2006 da Christie’s per un milione e 38 sterlina (un milione e 700 mila euro) a partire da una stima di 150 mila sterline.

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Bumbaca Gorizia 08-05-13 Ossola LEG - Fotografia di Pierluigi Bumbaca


Il dipinto “Trieste Fishing Boat”, che andrà in asta tra qualche settimana, è una rappresentazione in formato quadrato di una barca per la pesca a Trieste dipinta nel 1912 (durante il soggiorno in carcere) e non è mai stata messa all’asta prima. É rimasto in una collezione privata dal 1962. Il suo primo proprietario era stato Heinrich Böhler, amico e allievo di Schiele, che ha lavorato fianco a fianco con il suo insegnante fino alla sua prematura scomparsa.

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«Adottando un formato quadrato per questo lavoro, Schiele sfidò la nozione tradizionale di prospettiva nella pittura di paesaggio con un primo piano e uno sfondo - scrive la redazione di “ArtLife” -. Trasforma la tela in una composizione di forme chiaramente delineate con un minimo riferimento alla prospettiva. In questo era in debito con Gustav Klimt, suo amico e contemporaneo, che utilizzava il formato quadrato per i suoi paesaggi sin dagli ultimi anni del diciannovesimo secolo, nello stesso periodo in cui Claude Monet iniziava a usare una tela quadrata per la sua raffigurazione di ninfee».

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“Il grande albero” (1907) di Egon Schiele


Nel 2015 è stata, invece, la Casa d’Aste Stadion a battere a Trieste uno Schiele diciasettenne che stava nascosto in una collezione privata assieme ad altre meraviglie. Un olio su cartone, 30 per 40 centimetri, chiamato “Il grande albero” che era stato pubblicato in copertina del catalogo della mostra di Vienna del 1979 “Egon Schiele, opere della collezione di famiglia”. L’avrebbe voluto “battere” la Dorotheum di Vienna e invece finì all’asta alla Stadion con una base d’asta di 60 mila euro. Un evento senza precedenti per la casa d’aste triestina. Solo che “Il grande albero”, battuto il 4 dicembre, è rimasto invenduto.

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Resta, invece, intatto il legame di Schiele e Trieste. Una storia che ha persino stimolato il professore “joyciano” Renzo Crivelli, che ne ha tratto un dramma intitolano “Egon e Jim”. Il docente immagina il pittore e Joyce sul molo San Carlo (oggi Audace) davanti a un cavalletto, quasi per caso; un colloquio che darà inizio a una profonda amicizia. Lì dove magari vide ormeggiata quella barca panciuta che ora andrà all’asta a Londra. E che ha tutta l’aria di essere un bragozzo istriano. —


 

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