Assindustria: erano per opere pubbliche oltre tre quarti dei 33 milioni non spesi
Le categorie ai politici: «Tre quarti di quei 33 milioni destinati a opere pubbliche»
di Elisa Coloni
di Elisa Coloni
Il presidente dell’Assindustria Corrado Antonini
«Colpa nostra? No, colpa vostra». Ieri la politica ha attaccato gli imprenditori. E la replica non si è fatta attendere: oggi sono infatti i capitani d’industria triestini a puntare il dito contro i partiti. L’oggetto del contendere è il Fondo Trieste, tornato sotto i riflettori dopo la scoperta del «tesoretto» di quasi 33 milioni di euro destinati alla città, ma rimasti «congelati». Gli imprenditori non intendono incassare le accuse dei politici e si difendono: «Non imputateci colpe. Oltre tre quarti delle somme complessivamente impegnate e non spese del Fondo Trieste sono ascrivibili al settore pubblico».
E l’affondo non finisce qui. Il presidente dell’Assindustria Corrado Antonini alza un ulteriore scudo a difesa della categoria, e afferma: «La perimetrazione del Sito inquinato di interesse nazionale, il 23 febbraio 2003, ha determinato il rinvio, se non il blocco, della maggior parte dei programmi di investimento più rilevanti delle imprese insediate nel perimetro, e concernenti le nuove iniziative, l’ampliamento e la ristrutturazione degli impianti di produzione. Ciò costituisce la riprova - aggiunte il numero uno degli industriali triestini - che il mancato avvio della soluzione del problema ambientale rappresenta un grave freno allo sviluppo economico del nostro territorio». Affermazioni, quelle di Antonini, che suonano come una «bacchettata» alla lentezza della politica e alle sabbie mobili della burocrazia, in cui, al di là della volontà di chi guida un’azienda, spesso affondano le iniziative imprenditoriali.
Il Fondo Trieste scatena le polemiche. Il fatto che ci siano 32 milioni 700mila euro di finanziamenti pubblici che tra il 2000 e il 2007 hanno trovato dei beneficiari e che, per questioni burocratiche (una legge dello Stato ha previsto che gli interventi debbano essere rendicontati in tre anni, anzichè sette) sono rimasti in musina (e ora potrebbero tornare a Roma) crea non pochi imbarazzi. Soprattutto oggi, quando tanto si parla di crisi economica e razionalizzazione delle risorse e, quella musina, sarebbe il caso di romperla.
Una «cordata» di politici, con capofila l’azzurro Piero Camber e Fabio Omero del Pd, ha accusato gli imprenditori locali di non essere stati in grado di spendere dei soldi per cui avevano fatto domanda. «Molti buttano lì una richiesta - aveva detto Camber - senza disporre degli strumenti per procedere. Poi iniziano a vedere se possono spendere la cifra che è stata loro riconosciuta o meno. Uno brutto vezzo all’italiana».
E l’orgoglio ferito degli imprenditori scatena una replica che non lascia spazio all’interpretazione. «Siamo stati indicati come i principali responsabili della restituzione a Roma dei 32 milioni e 700 mila euro non spesi dal Fondo Trieste - spiega l’Assindustria - ed è stato detto che gli imprenditori avrebbero ”buttato lì” domande di agevolazione senza poi spendere i contributi concessi. Da un’attenta verifica delle cifre, invece, emergono alcune considerazioni».
«Innanzitutto - fa sapere ancora l’Associzione degli Industriali di Trieste - gli stanziamenti non sfruttati del Fondo Trieste riguardano per più della metà il capitolo di spesa istituito presso il ministero delle Infrastrutture e per l’altra metà il capitolo istituito presso il ministero dell’Economia e delle Finanze. Ed è unicamente da quest’ultimo capitolo di spesa - continua - che si alimenta il bando del Fondo Trieste per gli investimenti del settore industriale, che comprende le imprese edili e dei servizi connessi con le attività portuali e i trasporti, costituite anche in forma artigiana e cooperativa. Nella quota di risorse del capitolo sopra indicato sono compresi fondi impegnati e non spesi da parte di enti pubblici. Proprio dall’analisi di questi dati - concludono gli Industriali - emerge che oltre i tre quarti delle somme complessivamente impegnate e non spese del Fondo Trieste sono ascrivibili al settore pubblico».
A spezzare una lancia a favare degli imprenditori triestini c’è un politico, Sergio Lupieri, consigliere regionale del Pd, che afferma: «Non ritengo che quanto accaduto sia colpa della classe imprenditoriale - spiega -. Credo invece che tre anni siano insufficienti per avviare tutte le procedure di assegnazione di una gara e poi rendicontarle, soprattutto quando si è partiti con altre regole, e cioè con tempi di sette anni. Aver cambiato improvvisamente le regole in corsa da parte dello Stato ha determinato questa situazione che non deve pregiudicare la vita futura del Fondo Trieste».
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