Assenteismo a Trieste, su poliziotti e impiegati scatta l’inchiesta bis
TRIESTE Sui “furbetti” del cartellino della Motorizzazione civile, scoperti in giro per negozi in orario di lavoro, e sui poliziotti della Squadra nautica della Questura, beccati a “taroccare” i rapporti di servizio per percepire indennità non dovute, cala la scure della Corte dei Conti. Ieri infatti il procuratore contabile Tiziana Spedicato ha aperto due differenti fascicoli d’inchiesta. Uno per ciascuna delle vicende venute alla ribalta nei giorni scorsi.
Le ipotesi di reato contenute nei fascicoli sono quelle di danno erariale e danno d’immagine nei confronti della pubblica amministrazione. «Chiederò - ha annunciato il procuratore Spedicato - la copia degli atti di entrambe le vicende giudiziarie alla Procura ordinaria. Poi scatteranno ovviamente le verifiche e gli accertamenti da parte della Corte dei conti».
Dopo l’avvio del processo penale, dunque, scatta da parte dello Stato anche l’azione di rivalsa verso chi - con il proprio comportamento - rischia di averne danneggiato l’immagine. Azione che, bisogna precisarlo, si potrà concretizzare solamente dopo la sentenza di eventuale condanna o di patteggiamento a carico degli indagati. Tutto questo accade a pochi giorni dal deposito del provvedimento di conclusione delle indagini preliminari da parte del pm Federico Frezza, il magistrato titolare di entrambi i fascicoli.
La prima inchiesta, come noto, riguarda cinque componenti della Squadra nautica della Questura. Si tratta di Salvatore Naseddu, 52 anni, Sigfrido Cerna, 46 anni; Renzo Erman, 52 anni; Christian Busan, 41 anni e Paolo Volturno di 52 anni. Secondo il pm questi poliziotti avevano il “vizietto” di allungare - fittiziamente - le uscite di pattuglia in mare. Uscite descritte nelle relazioni di servizio come operazioni “fiume”, quando invece si risolvevano in impegni dalla durata ben più limitata, come accertato dalle telecamere che lo stesso pm aveva fatto posizionare all’ingresso della base operativa in porto vecchio. Sono accusati non solo di truffa, ma anche di falso ideologico visti gli orari di rientro “gonfiati” riportati in atti ufficiali come appunto i rapporti di servizio.
La seconda inchiesta è quella relativa alle uscite “allegre” dagli uffici di via Mazzini che ospitano la Motorizzazione civile, da parte di cinque dipendenti pubblici. Operatori che, dopo aver superato il check point all’ingresso dell’ufficio e aver timbrato il cartellino, tornavano spesso sui loro passi e se ne andavano a spasso per il centro città, chi a fare la spesa in pescheria, chi a curiosare tra gli articoli in vendita in un negozio di antiquariato. Comunque tutti se ne stavano ben lontani da sportelli, libretti d’auto, passaggi di proprietà e richieste formulate dagli utenti arrivati per poter svolgere le loro pratiche. I nomi degli indagati sono quelli di Bruno Codarin, 65 anni; Roland Kalaja, 63 anni (in forze al servizio del Trasporto pubblico locale, ospitato negli uffici al piano sopra gli sportelli per il pubblico); Maurizio Pipolo, 51 anni; Nicoletta Soppini, 51 anni e Arianna Umech, 59 anni. Sono tutti accusati a vario titolo di truffa aggravata ai danni di un ente pubblico.
A incastrarli sono state le indagini dei finanzieri, che li hanno pedinati e filmati durante le uscite dal palazzo di via Mazzini, anche due volte in un giorno. Le Fiamme gialle hanno così scoperto che c’era chi, in orario di lavoro, andava pescheria, chi faceva la spesa al buffet e poi si concedeva un buon caffè. E chi addirittura ne approfittava per fare un salto al cimitero.
Nel caso della Motorizzazione il danno erariale al momento ipotizzato dal procuratore Spedicato, fa riferimento al costo patito dallo Stato a causa delle assenze facili. Le ore che i dipendenti si prendevano “libere”, infatti, venivano regolarmente retribuite agli impiegati. Pertanto loro, nel caso di un’eventuale condanna da parte dei giudici penali, potrebbero trovarsi nella scomoda posizione di dover restituire il denaro al quale non avevano il diritto. Cifre anche consistenti, che tengono conto delle rate della tredicesima, del Tfr e delle ferie maturate: in pratica il calcolo matematico del costo lordo per ora, al quale poi vanno aggiunti gli interessi. Stesso discorso per i poliziotti: anche loro, in caso di condanna penale, potrebbero essere chiamati a restituire le indennità irregolarmente percepite.
L’altra contestazione della Corte dei conti, come detto, potrebbe essere quella di danno d’immagine nei confronti della pubblica amministrazione, inteso come «grave perdita di prestigio a seguito del detrimento dell’immagine e della personalità dello Stato in conseguenza a un’azione delittuosa di un suo amministratore o di dipendente». Un danno che, se accertato, viene valutato sulla base di particolari parametri che tengono conto sia dell’incarico della persona sottoposta a indagine all’interno dell’amministrazione sia della reazione dell'opinione pubblica di fronte alla notizia.
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