Ass a caccia dei pazienti curati, dimessi e “morosi”
di Gabriella Ziani
Se tutti aspettano soldi da qualcuno che non paga, la sorpresa è che questo accade anche alle Aziende sanitarie. Non certo, in questo caso, per soldi pubblici, il finanziamento regionale è puntualissimo, e si recuperano anche le somme a carico di servizi sanitari di altre Regioni. Il problema sono i cittadini stranieri, e specialmente quelli che arrivano da paesi extra Ue, e con i quali l’Italia non ha una convenzione bilaterale per la copertura sanitaria.
Ne sa qualcosa l’ospedale. La caccia al cittadino curato, operato, ricoverato, e andato via con le tasche vuote è un’impresa colossale, spesso senza esito. A volte, dopo ben 10 anni di tentativi, bussando a consolati, ditte straniere, interpellando avvocati, ministeri, uffici privati di recupero crediti, con dispendio pure di traduttori, bisogna alzare le mani e scrivere a bilancio «credito inesigibile». Basta chiedere a Luciana Rozzini, dell’Ufficio recupero crediti dell’Azienda ospedaliera, che fa parte della più ampia struttura Affari generali e legali. «I problemi - dice - nascono con le fatture emesse per prestazioni sanitarie erogate a stranieri non indigenti (per quelli indigenti c’è la copertura della Prefettura), quando non c’è la convenzione bilaterale fra i due paesi».
Naturalmente le cure non si negano mai, neanche quelle più lievi che servono anche da prevenzione per evitare il diffondersi di malattie. Ma la casistica è ampia: «Per i ricoveri - dice la dirigente - le cause sono le più varie, appendiciti, polmoniti, gastriti, fratture, lesioni varie procurate in episodi violenti, incidenti, patologie legate all’etilismo acuto e così via».
Le spese sostenute in ospedale variano da poco a moltissimo, dalle centinaia di euro per un intervento ambulatoriale alle migliaia di un ricovero. Si tratta, insomma, di circa 100-150 mila euro all’anno. La categoria più morosa? Quella dei camionisti, che arrivano e ripartono, seguita da quella dei «privati cittadini che vengono in Italia - spiega Rozzini - con un’assicurazione che non copre tutto il costo del ricovero, che loro non sono in grado di saldare». Da qui inizia il calvario della caccia al creditore, «dal passo più semplice (tradurre tutti i documenti in un’altra lingua) a quello più complesso, di avviare un recupero forzoso all’estero tramite una ditta specializzata o un avvocato».
Caso dolente, i camionisti turchi. Non solo perché sono in numero maggiore (ce n’è peraltro di tutte le nazionalità), ma perché son quelli che più frequentemente non pagano, e hanno alle spalle ditte o ministeri che fanno esattamente la stessa cosa. «Nel caso dei camionisti dipendenti da ditte residenti in Turchia l’Azienda - racconta ancora Rozzini - ha tentato vari canali di recupero, tutti dimostratisi infruttuosi. Dal sollecito alla persona ricoverata a quello alla ditta per cui il paziente ha dichiarato di lavorar; dalla richiesta al ministero della Sanità e al Consolato turco all’affidamento della pratica a un legale esterno per l’avvio del recupero forzoso». In taluni casi, arrivati al punto di tendere finalmente la mano, e così lontano, il crollo delle speranze: il creditore risulta “nullatenente”. Fine della corsa.
Meno problemi in questo senso ha l’Azienda sanitaria, che non cura urgenze da ricovero, ma le criticità ci sono comunque, spiega Lorenzo Irmi, della parallela struttura amministrativa, quando il Dipartimento di prevenzione visita ditte, case e aziende per ragioni d’intervento sanitario o di sicurezza. Quasi tutti poi pagano, «ma ci sono casi in cui dobbiamo procedere al recupero crediti con Equitalia, e si arriva fino alla riscossione coatta».
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