Ascensore “bloccato” dagli scheletri «Sono caduti della Grande Guerra»

Lo storico Pierluigi Lodi sulla scoperta durante gli scavi del cantiere: «Il Castello in mano agli austriaci e poi agli italiani» 

La ricerca

Francesco Fain

Due ditte fallite. Il rinvenimento di un muro medievale. E l’ultimo e imprevedibile sviluppo: il sottosuolo che restituisce sette scheletri e blocca, di fatto, il cantiere in attesa dei risultati delle indagini storiche e archeologiche.

Sembra quasi che qualcuno abbia fatto la “macumba” perché i lavori di realizzazione dell’ascensore del Castello continuano ad essere cadenzati da intoppi, imprevisti, accadimenti che finiscono con l’allungare all’infinito l’intervento. «Un cantiere disgraziato», lo definì il compianto ex sindaco Ettore Romoli. Ma la sequenza di sventure e misfatti, evidentemente, non si è ancora fermata.

Al di là di questa considerazione, il sottosuolo di Gorizia si conferma scrigno di storia. Pierluigi Lodi, storico, si è subito interessato all’ultimo ritrovamento di sette scheletri di persone adulte e, all’apparenza, senza vestiti. E ribadisce come, a suo parere, possano risalire alla Grande Guerra. «Allo scoppio delle ostilità, potremmo dire contemporaneamente, il Castello iniziò a essere usato come osservatorio e sede di ricoveri, prima dagli austriaci, poi, dopo la sesta battaglia dell’Isonzo (4-17 agosto 1916) dagli italiani - racconta Lodi -. Manufatti austriaci, non necessariamente scavati ex novo ma spesso, piuttosto, ricavati riutilizzando parti della cinta muraria, si trovano sul versante che guarda il Rafut, il San Marco, cioè per capirci al riparo dal tiro italiano: vanno grossomodo da dietro la Porta Leopoldina fin sotto le mura dove c’è il Teatro tenda. Più ampi i lavori italiani, che si trovano più o meno su tutto il colle: la prima testimonianza di tali interventi si trova appena alle spalle del Kinemax, immediatamente successiva alla presa della città, mentre nel ’17 il programma di consolidamento anche in chiave e funzione difensiva del Castello appare abbastanza imponente».

Importante l’osservatorio blindato ricavato sotto il bastione del Re. «Romoli, cinque anni fa, chiese il mio aiuto per progettare un intervento di ripristino di tale osservatorio sia in un’ottica museale sia didattica. Non se ne fece nulla poiché non è affatto chiaro chi sia proprietario dell’immobile in questione. Incredibile ma vero. Come sia, i resti di tale sistemazione difensiva, sono ben evidenti, li ho fotografati e studiati e credo possano ancora riservare qualche piacevole sorpresa: alludo al ritrovamento di ulteriori testimonianze lapidee. Quella della II Sezione mitragliatrici - argomenta Lodi - è nota poiché è venuta alla luce davanti agli scavi dell’ascensore ma, atteso che in ogni bastione vi era una di queste armi, non è affatto improbabile se ne possano trovare delle altre. Quelle esistenti le ho tutte censite e fotografate. Raccontano anche microstorie: parlo dei bimbi fotografati nel ’17 assieme ai fanti della Brigata Sesia (erano i bambini Badin), il cui 201° reggimento presidiava proprio il Castello assieme ad artiglieri (vi era un osservatorio) e genieri che, materialmente, provvedevano ai lavori assieme agli zappatori della Brigata Sesia. Naturalmente attendere a tali lavori era mestiere pericoloso, poiché il maniero e il suo borgo divennero obiettivo delle artiglierie, prima italiane poi ovviamente austriache. Insomma, la storia in guerra del simbolo di Gorizia potrebbe essere ulteriormente arricchita di particolari».

Secondo Lodi, entrando nello specifico, «non fa affatto meraviglia siano stati ritrovati resti umani. Le devastazioni, causate dai bombardamenti di cui sto dicendo, cagionarono senz’altro delle vittime, attestate sin dai primi tempi delle ostilità. Il morto più famoso di parte austriaca - annota ancora lo storico - fu il colonnello Richard Koerner, fratello di quello che sarà, nel secondo dopoguerra, il presidente della Repubblica federale austriaca. La lapide che lo ricordava, per esempio, si trovava sotto la Porta Leopoldina: i ganci che la sostenevano sono ancora ben visibili e dello sfortunato militare tenne vivo il ricordo Camillo Medeot annotando nel suo “Memorie goriziane” le circostanze della sua scomparsa».

A trovare i resti umani sono stati gli operai della ditta che sta effettuando i lavori, ovvero il consorzio Compat sca di Roma che hanno coinvolto subito l’archeologo incaricato dalla stessa impresa. Immediatamente, oltre al sindaco Rodolfo Ziberna e all’assessore ai lavori pubblici, Arianna Bellan, erano stati informati della novità la Procura della Repubblica, la Questura e le forze dell’ordine per le indagini del caso. Ziberna aveva anche effettuato un sopralluogo nell’area, insieme all’assessore Bellan. —

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