Arriva il telelavoro per tutti i regionali con bambini sotto gli otto anni
TRIESTE Lavorare da casa, invece che negli uffici della Regione. Presto potranno farlo tutti i genitori con figli fino a otto anni di età, che sul sito dell’ente si sono appena visti mettere a disposizione la modulistica per inoltrare la richiesta. Per alcuni giorni a settimana gli impiegati selezionati potranno quindi scegliere di smaltire pratiche, gestire bandi e curare aspetti contabili tra le mura domestiche.
La misura sperimentale durerà fino al 31 marzo ed è stata avviata alla fine del 2018, prevedendo una prima soglia di trenta partecipanti. Un diritto riconosciuto inizialmente a dipendenti disabili, con problemi di salute o costretti ad assistere genitori anziani. L’azione pilota ha finora valutato 94 richieste di partecipazione e coinvolto una ventina di impiegati del Consiglio regionale e di una dozzina di strutture dell’amministrazione tra Direzioni centrali ed altri enti. A breve si andranno ad aggiungere i trenta posti destinati appunto a madri e padri di bambini piccoli.
Il tutto diventerà strutturale dopo l’analisi dei risultati ottenuti, anche perché è l’ordinamento nazionale che ormai prevede quote obbligatorie destinate al telelavoro nella pubblica amministrazione. La strada è stata segnata dalla legge Madia, che prescrive a tutti gli enti di estendere il telelavoro fino al 10% dei propri dipendenti, garantendo pari diritti e doveri nonché medesime possibilità di carriera.
La Provincia autonoma di Trento ha già centrato il risultato, con 400 dipendenti smart su 4 mila: il percorso è cominciato nel 2012 e coinvolge in maggioranza donne, che lavorano a casa o in uffici periferici che semplificano la vita in un territorio dall’orografia complicata. Nel caso della Regione Fvg si tratta di circa 350 posti e l’assessore alla Funzione pubblica, Sebastiano Callari, è ben disposto nonostante si tratti di applicare una legge di ascendenza Pd: «Non è una norma di centrosinistra ma soltanto di civiltà e buon senso».
Il progetto pilota avviato in Friuli Venezia Giulia è condiviso con pubbliche amministrazioni di vari colori politici, dalla Regione Emilia Romagna al Veneto, passando per Lazio, Piemonte, Provincia autonoma di Trento e Comune di Bologna. Come spiega la brochure che presenta l’iniziativa, il fine è «stimolare una migliore conciliazione delle necessità vita-lavoro e incentivare le politiche per la famiglia e della natalità». Una ricerca condotta nel 2017 da Doxa e Politecnico di Milano dice d’altronde che il 35% degli smart worker si percepisce più sereno di quando era costretto ad andare ogni giorno in ufficio.
Callari attende «il 31 marzo per tirare le somme ma al momento non ci sono problematiche legate al servizio erogato. I risultati sono anzi buoni: il dipendente messo nelle migliori condizioni di vita ha maggiore produttività. In primavera ci sarà una manifestazione di interesse per fare in modo che le persone aderiscano a questa possibilità in modo stabile».
Per l’assessore, «l’aiuto alle madri giovani è un tentativo di dare impulso alla natalità: non basta dare l’asilo gratuito ma serve aiutare le donne che magari lavorano lontano da casa. Col telelavoro si offre la possibilità di accudire il figlio a breve distanza e questo aiuta anche a far fare carriera alle donne che vogliono fare figli in un mondo in cui sempre più donne tendono a non fare figli per essere competitive». Telelavoro significa poi anche risparmio: «Con un 10% di dipendenti coinvolti - stima Callari - qualche sede potrebbe non avere più senso. Non penso invece a un taglio dei buoni pasto perché i ticket sono un’integrazione del reddito».
Lo smart working per i dipendenti con figli a carico vedrà la Regione favorire in primo luogo le richieste di lavoratrici che si trovino nei tre anni successivi alla fine del congedo di maternità o abbiano figli disabili. Chi sarà ammesso potrà scegliere se lavorare in modalità domiciliare o dal “telecentro”, ovvero la sede della Regione più vicina alla propria abitazione e in cui verrà resa disponibile una postazione ad hoc. In entrambi i casi saranno previste comunque alcune giornate di rientro in ufficio per riunioni e altre incombenze, sulla base di quanto concordato con il dirigente di riferimento, che strutturerà un progetto di lavoro basato su obiettivi quindicinali verificabili.
In questa fase di avvio, non tutte le domande potranno avere accoglimento. Non solo questione di numeri ma anche dell’attività svolta dal dipendente: toccherà all’ente pubblico stabilire se le mansioni dell’impiegato possano essere “telelavorabili” e se l’ufficio di appartenenza sia in grado di reggerne l’assenza fisica. Il cartellino non sarà ovviamente più timbrato all’ingresso nella propria sede di lavoro, ma tramite applicativi informatici e saranno concordate fasce di reperibilità per garantire la disponibilità anche durante l’orario standard d’ufficio e il conseguimento del monte ore giornaliero dovuto. —
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