Arriva il Comsubin per sminare il trabaccolo. L’immersione dei palombari a Punta Sdobba

GRADO L’appuntamento con il brillamento delle munizioni è programmato per oggi. Ma dietro quell’ultimo atto c’è un lungo lavoro che, in maniera appropriata, si può definire sommerso. La seconda campagna di recupero e brillamento delle munizioni trovate a bordo del trabaccolo della marina austro-ungarica, affondato durante la prima guerra mondiale all’incirca a 2,5 miglia al largo davanti a Punta Sdobba è concluso. Un’operazione effettuata dal Gruppo operativo subacquei del Comando subacquei e incursori (Comsubin) della Marina militare, che hanno operato con l’appoggio della nave Ponza del tenente di vascello Roberto Villani.
In queste giornate sono stati recuperati 350 proiettili che si aggiungono al centinaio prelevati lo scorso anno. Ieri a bordo del mezzo della Marina militare, grazie anche al coordinamento di Circomare, con gli invitati trasportati dai volontari della Protezione civile a bordo della Stella del Mare, è stata illustrata dal vivo l’operazione in corso. Il trabaccolo affondato al largo di Grado era partito da Trieste e stava effettuando il trasporto per il rifornimento di munizioni (a bordo c’era anche un cannone da 150 millimetri), ma a causa di un improvviso fortunale il 10 novembre del 1917 si capovolse e affondò. Il trabaccolo faceva parte di un convoglio di barconi trainato dal rimorchiatore Kvarner. Oltre all’affondamento del trabaccolo, stando agli storici, ne affondò pure un altro che non pare sia stato ancora trovato. Inoltre, altri due mezzi nautici finirono arenati sul litorale gradese. Non risulta che ci siano state vittime.
Del gruppo del Comsubin che da un po’ di giorni ha operato in zona (il brillamento avviene in mare aperto in zona fangosa, priva di vegetazione in linea d’aria all’incirca dinnanzi alla Pineta) fanno parte 11 persone con a capo il comandante dei palombari, il capitano di fregata Therry Trevisan. Tra questi ci sono i palombari, che non utilizzano più i classici scafandri di una volta, ma moderne mute che consentono di muoversi più agevolmente, un infermiere e un tecnico. Le immersioni durano all’incirca un’ora e mezza alla volta e sono seguite anche da particolari telecamere, che monitorano continuamente e in diretta tutte le operazioni seguite a bordo della nave della Marina militare.
Ieri per l’illustrazione dell’operazione c’è stata l’immersione di due palombari, Thomas Pio e Luigi Mannone, che hanno eseguito il normale lavoro di preparazione che porterà al brillamento odierno. Il relitto di questo trabaccolo è stato trovato dal gradese Stefano Caressa nel 2017 in occasione delle riprese per la realizzazione del documentario ”Le trincee del mare” di Pietro Spirito e Luigi Zannini.
Dato che lo scafo è capovolto e semicoperto dalla sabbia, non è stato possibile il recupero del cannone che, quasi sicuramente, si trova ancora al di sotto. Gli stessi esperti del Comsubin vorrebbero trovarlo, per dare un maggiore significato storico alle vicende della Grande Guerra. —
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