Arriva a Trieste Salmo il rapper un po’ punk
Domenicameriggio, alle 17, Salmo, il rapper italiano del momento, si esibirà all’Etnoblog di Trieste. Il nuovo tour dell’artista sardo sta registrando bagni di folla ovunque; l’album uscito il 2 aprile, “Midnite” (Tanta Roba Label), è stato in vetta alla classifica di iTunes per una settimana; il canale ufficiale YouTube ha registrato quasi 31 milioni di visualizzazioni.
Nel 2012, Salmo (classe 1984) si è aggiudicato un Mtv Music Awards come Best Crossover. Il suo stile, infatti, mescola il rap con l’elettronica, il punk e l’hardcore. Salmo è originario di Olbia, ma vive a Milano con il suo collettivo Machete, in una casa/studio, animata da rapper, produttori, grafici e videomaker.
L’enorme successo della Machete Crew è meritato, ma allo stesso tempo clamoroso, se si considerano alcuni fattori, come la totale autogestione del progetto (“do it yourself”, fai da te, etica punk); la “spigolosità” della proposta musicale e dell’immaginario che l’accompagna (i film horror, il “wall of death”, i videogame, gli skater, l’assenza di featuring pop, la maschera stile Tre Allegri Ragazzi Morti); e poi, la scelta di non fare ospitate nei programmi televisivi di punta (Salmo è stato invitato ovunque, ma ha declinato).
Sono bastate le canzoni ruvide, dirette e, forse ancora di più, i videoclip caricati su YouTube, per mandare in orbita il rapper di Olbia, che ha dichiarato, a proposito del suo percorso per raggiungere la notorietà: «’Sta cosa delle major è superata, è finita. Le major ora sono inutili come i talent show».
La musica è una distrazione, ma può essere anche una reazione alla crisi e alla disperazione di questi tempi. Che tempi! La musica può essere una via di fuga dalla provincia e dalla palude in cui siamo finiti. Questo ed altro, nel nuovo album di Salmo. «Perché da 70 anni ho un lavoro precario, un po’ come il governo, davanti allo specchio bambini in eterno!» (“Old Boy”, traccia 5).
Nell’hip hop esiste la meritocrazia. Se sei bravo arrivi in alto. Salmo è in vetta. Qual è il segreto di questo exploit?
«È stato molto importante l’uso della Rete. Infatti, internet ha permesso di far circolare velocemente la mia musica e i video su YouTube sono stati fondamentali. Poi, lo ripeto spesso, c’è una certa genuinità, spontaneità in quello che faccio. Non ho nessuno dietro di me, non sono un personaggio costruito a tavolino. La gente è stufa dei cantanti finti, che propongono e dicono sempre le stesse robe».
I rapper italiani, nel bene e nel male, stanno raccontando il nostro paese, in maniera efficace. Sente questa cosa come una responsabilità?
«Tutti a chiedermi del messaggio: “Sì, ma dov’è il messaggio nei tuoi testi?”. Io cerco di fare, meglio che posso, intrattenimento. Perché nella realtà di tutti giorni già ci lamentiamo abbastanza, che non c’è lavoro, non ci sono opportunità e tutto fa schifo. Non sono un rapper militante, anche se inevitabilmente nei miei testi entrano considerazioni sulla vita e sulla politica in Italia».
Quanto ha inciso nella sua carriera il trasferimento da Olbia a Milano?
«È stato il passo decisivo. Nell’ultimo anno, infatti, ho avuto la possibilità di incontrare un sacco di musicisti ed artisti, da cui ho imparato tantissimo. A Milano tutto corre veloce. Le mie origini e la mia città, però, mi hanno fatto rimanere con i piedi per terra. Ho raggiunto il successo tardi, a quasi trent’anni. Sto vivendo uno dei momenti più belli della mia vita, in giro a suonare, con gli amici di sempre. Penso che se fosse arrivato tutto questo a vent’anni, probabilmente avrei perso la testa. La mia isola, invece, mi ha tenuto forte e lucido».
Quanto ha influito la strada aperta da Fabri Fibra, Club Dogo e Marracash, per arrivare ad un vasto pubblico?
«Se non fosse per loro probabilmente non avrei avuto tutti questi riscontri. Ci tengo, però, a ribadire che quello che sto facendo rimane underground, non è per tutti. La mia scelta di non andare in tv vuole essere da esempio. La tv non è poi così importante. Puoi farcela nella musica, anche restando indipendente. C’è molta più libertà nella Rete».
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