Arpa, le analisi finiscono in Friuli

L'agenzia regionale per la protezione ambientale che ha competenza sii controlli alimentari passa da 4 laboratori provinciali a un’unica struttura a rete: vagliati fuori città gli alimenti in arrivo in porto

TRIESTE. Il miglior laboratorio per controllare gli alimenti in arrivo nel porto di Trieste, caffè compreso? A Pordenone o giù di lì. Udine, magari. Dentro l’Arpa, agenzia regionale per la protezione ambientale che ha competenza su questo servizio, preferiscono chiamarlo «riarrangiamento aziendale», ma la sostanza non cambia. Il nuovo modello organizzativo che in pratica ha trasformato i quattro laboratori provinciali, per ora, in un unico laboratorio multisito, con dietro l’angolo la possibilità del centro unico a Udine, va avanti. Lasciandosi dietro perplessità, recriminazioni e almeno due domande: non è che questi controlli, quasi perennemente in trasferta, si siano ispirati a Poste Italiane, con la corrispondenza locale dapprima spedita in Veneto e poi timbrata e rimandata indietro? E poi: che costo avranno questi trasferimenti obbligati per una struttura che ufficialmente, come vedremo, è stata praticamente costretta a scelte impopolari sotto la minaccia della mannaia dei tagli statali?

Giorgio Mattassi, già politico e ora direttore regionale dell’Arpa, cerca di tener fede al suo ruolo e buttare acqua sul fuoco. «Trieste depotenziata? Ma no, non direi... La sanità marittima ad esempio non verrà toccata. Vero è che adesso le analisi di laboratorio vengono divise a seconda del tipo di indagine richiesta. Alcune, sì, vanno a Pordenone, altre a Gorizia, e non è affatto strano che il porto di Trieste, quando ha bisogno di analisi più complesse le porti a Verona...». Una necessità? Più che altro una “dimenticanza” della Regione. Che per 15 anni almeno ha fatto orecchie da mercante alle richieste triestine di disporre del macchinario Lmcs, che sta per controllo di liquido-massa e serve ad analizzare i pesticidi. Macchina che però alla fine è spuntata come per miracolo a Pordenone, unico centro ormai abilitato a quei controlli. «È vero - ammette Mattiassi - ma ce l’abbiamo in prestito. Intendiamoci, stiamo parlando di strumenti che costano da 300 a 600mila euro, non è pensabile moltiplicare attrezzature e competenze.... Noi dobbiamo garantire che il servizio venga svolto in due giorni. La Regione ha già deciso per il laboratorio unico ma multisito con quattro servizi. È stata aumentata l’efficienza e ridotto il numero delle persone, passate da 130 a 100 persone».

Una realtà, quest’ultima, che la struttura di via Lamarmora a Trieste conosce bene. In pochi anni dall’Arpa locale se ne sono andati in pensione quattro dirigenti, mai sostituiti. Ora esiste il solo direttore, Luigi Colugnati, che cerca di fare di necessità virtù. «Le risorse sono quelle che sono, il personale si riduce. È stata fatta una scelta a livello di azienda di concentrare le singole tematiche. Senza risorse, di più non si può più fare, perché viene richiesta una qualità del lavoro di elevata specializzazione, incompatibile con certi organici. L’obiettivo finale - ammette Colugnati - è che tutto finisca a Pordenone, l’acqua di mare a Trieste, che ha una qualità del personale straordinariamente buona, i siti inquinati tra Trieste e Udine. La coperta è diventata troppo corta e noi servono risorse umane importanti, per cui questa è la scelta meno cruenta, perché non possiamo dare fuori dati non attendibili. I tempi? Bisogna ragionare in termini strategici. Certo, se sposto a Tolmezzo il problema del controllo della Ferriera è chiaro che i tempi si dilatano... E ci va ancora di lusso: il Veneto è andato vicino al disastro economico, in una situazione analoga».

Tra gli addetti ai lavori, al momento, calma piatta. Forse il problema non è ancora stato metabolizzato o non ha messo allo scoperto le sue apparenti distonie. Dice Renato Guercio, uno dei massimi importatori di frutta secca sul territorio: «Finora davamo per scontato che il caffè si analizzasse a Trieste e gli alimenti in via Lamarmora, salvo casi eccezionali, adesso vedremo... Lo Stato è comunque già riuscito a fare un regalo anche a noi. Protestiamo a livello nazionale da tre anni: paghiamo, come ingrosso, una tariffa per le analisi sugli alimenti, ma a fatturato. Vengano eseguite o meno le indagini, si paga lo stesso, da 450 euro a 3mila ad azienda. Che fare di fronte a un servizio che non c’è? Ovviamente abbiamo fatto ricorso».

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