Arbitrato, Slovenia pronta allo strappo

Lubiana applicherà comunque la sentenza. Una legge ad hoc per garantire 75mila euro a ogni famiglia che lascerà la Croazia
LUBIANA. La Slovenia va avanti. Questo in sostanza quanto è emerso dal summit dei vertici politici e istituzionali del Paese per gestire la sentenza della Corte internazionale dell’Aja sull’arbitrato relativo ai confini marittimi e terrestri tra Slovenia e Croazia. Sentenza che, lo ricordiamo, la Croazia non riconosce in quanto uscita unilateralmente dal processo dopo che i pareri dei giudici sono stati illegalmente spiati a Lubiana mesi prima della proclamazione della sentenza stessa.


Il premier Miro Cerar ha annunciato, al termine dei lavori cui hanno preso parte anche il presidente della Repubblica Borut Pahor e il presidente del Parlamento Milan Brglez assieme ai leader di tutte le forze politiche rappresentate nella camera di Stato, che la Slovenia entro questo mese approverà una legge che tutelerà i propri cittadini a fronte della sentenza dei giudici dell’Aja. Lubiana, in altri termini, è pronta a supportare quegli sloveni che sono rimasti “intrappolati” entro i confini croati per trasferirsi in Slovenia, oppure per continuare a godere del welfare di Lubiana. Nei corridoi del Parlamento girano voci che l’esecutivo sarebbe pronto a contribuire con 75mila euro al trasferimento di una famiglia dal territorio croato a quello sloveno. Al momento sono 16 i gruppi familiari pronti al trasferimento. Lo Stato sloveno si accollerà anche tutte le spese relative al cambio dei documenti personali e quelle sostenute nell’iter di trasferimento presso la struttura della pubblica amministrazione croata.


Da un punto di vista politico l’incontro di Lubiana ha altresì delineato una sorta di “isolamento” del ministro degli Esteri, Karl Erjavec considerato reo di essersi espresso in maniera assolutamente troppo dura nei confronti della Croazia relativamente alle polemiche sull’arbitrato internazionale. La maggioranza dei partecipanti, infatti, ha definito il comportamento del capo della diplomazia di Lubiana assolutamente dannoso per il Paese e per l’attuazione della sentenza arbitrale. Ad aprire il “fuoco amico” su Erjavec è stata l’ex premier Alenka Bratušek la quale ha definito il suo comportamento «aggressivo» nei confronti della controparte croata, comportamenti che esulano da qualsivoglia approccio diplomatico». Alle critiche di Bratušek si sono uniti anche i rappresentanti del Partito democratico (Sds) di Janša, Nuova Slovenia (Nsi) e della Sinistra unita. La critica, nel “gioco democratico” è assolutamente accettabile, ma nel nostro caso quasi tutti hanno sparato sul “pianista” quando in realtà il “pianista” non c’era. Karl Erjavec, infatti, era assente giustificato dal summit perché in missione in Estonia. Va detto che il premier Cerar ha comunque difeso il suo ministro sostenendo che negli ultimi giorni le dichiarazioni del primo ministro croato Andrej Plenković hanno decisamente superato il livello della tolleranza diplomatica.


Il capo dello Stato, Borut Pahor ha espresso chiaramente il parere che la Slovenia debba assolutamente proseguire nell’implementazione della sentenza dei giudici dell’Aja, senza dimenticare il dialogo con la Croazia ma, alla fine, cercando di convincere l’Unione europea che Lubiana sta dalla parte dei “giusti”. Cerar tende la mano a Plenković e si dice pronto a incontrarlo purché si parli di implementazione del verdetto della Corte dell’Aja, precisa, aggiustando un po’ il tiro del suo ministro degli Esteri, che la Slovenia non è contraria all’ingresso della Croazia nell’Ocse, ma farà valere il fatto che Zagabria non rispetta i criteri necessari. Insomma se non è zuppa è pan bagnato.


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