Apre il tempio del gusto Farinetti: «Stregato dalla magia di Trieste»

Intervista al patron alla vigilia dell’inaugurazione del complesso «Previsti ricavi tra 8 e 10 milioni l’anno. Creati 85 posti di lavoro»

TRIESTE. È stata la stessa terra dalla quale viene estratto il ricercatissimo tartufo bianco ad avergli dato i natali. La dedizione all’enogastronomia, evidentemente, fa parte del patrimonio genetico di Natale Farinetti, ai più conosciuto come Oscar. Nato ad Alba, nelle Langhe, sessantatre anni fa, il fondatore di Eataly si sta preparando a issare anche a Trieste la bandiera di un colosso che ha fatto dell’esaltazione del buon bere e del buon mangiare il proprio credo.

 

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«Dobbiamo farci perdonare dal mondo intero il culo pazzesco che abbiamo avuto nascendo in un Paese la cui biodiversità non ha eguali al mondo». Il Farinetti-pensiero non ha bisogno di molti giri di parole per uscire allo scoperto. Audace come un vino schietto al palato, non lascia spazio a fraintendimenti, come quando parla della sua creatura, «che mette insieme business e poesia», o come quando spiega che la direzione intrapresa dal suo gruppo «va verso il mondo intero».

Trieste, Eataly si svela: debutto fissato al 17 gennaio VD-FT
Un operaio mentre rifinisce l’area di Piazza Eataly (fotoservizio di Andrea Lasorte)

Farinetti, finalmente ci siamo. L'apertura triestina si è fatta attendere.

In vita mia ho dato vita a 106 negozi e mai un’apertura è stata puntuale. Si va sempre incontro a delle incognite che modificano i piani iniziali. L'ex Magazzino vini è un edificio tanto meraviglioso quanto complicato. Abbiamo incontrato delle difficoltà tecniche, ma adesso siamo pronti a partire.

Come è nata questa operazione triestina?

A Trieste ho degli amici che si sono dati molto da fare e che mi hanno trascinato in questa avventura. Penso alla famiglia Illy e, in particolare, a Rossana e a suo marito Riccardo. A loro si è aggiunto Antonio De Paolo, al quale è stata affidata la responsabilità della sede triestina di Eataly. Un compito fondamentale è stato poi svolto dalla Fondazione CRTrieste, che ha scelto di recuperare questo edificio straordinario.

Ha trovato terreno fertile in città o le è stato messo davanti qualche ostacolo?

Ho riscontrato una grande accoglienza, sia da parte dell’ex sindaco Roberto Cosolini, che ha seguito tutto il percorso di questa operazione, sia da parte dell'attuale amministrazione.

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Foto BRUNI 15.01.17 Eaitaly-i preparativi

Perché avete scelto proprio Trieste?

Il nostro format ha bisogno di grandi numeri, ma è anche vero che la politica del nostro gruppo ha previsto una serie di eccezioni per l’Italia. Siamo rimasti attratti dalla magia di questa città, la cui bellezza è mostruosa e non sempre conosciuta. Abbiamo scelto Trieste anche perché è una città di mare e di frontiera, con tutto quello che ne consegue. E poi c’è la Bora.

Cioè?

Siamo da sempre attratti dal tema dei venti. Ho scritto pure un libro su questo argomento (“Nel blu. La biodiversità italiana, figlia dei venti”, ndr). L’Italia è una penisola stretta e lunga e l'incontro fra i venti che la attraversano ha contribuito a generare un microclima straordinario. Nella sede Eataly di Trieste svilupperemo ampiamente questo tema.

 

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E poi ci sono le logiche di mercato.

Un imprenditore deve partire da dei target poetici e non farsi guidare solo dall'idea del “make money”. Il nostro principale obiettivo non è quello di fare business. Vogliamo recuperare degli immobili per restituirli al territorio, contribuendo al rilancio di interi quartieri e divenendo punto di riferimento per comunità di cittadini. Mettere mattoni nuovi rappresenta un’operazione stupida che va nella direzione opposta a quella scelta da Eataly e dalla Fondazione CRTrieste.

L’investimento dell'ex Magazzino vini è stato particolarmente oneroso. Non mi dica che si vive di sola poesia...

L’investimento fatto dalla Fondazione verrà ripagato dall’affitto che Eataly le corrisponderà per l'utilizzo della struttura. Il profitto delle nostre attività servirà a pagare gli stipendi dei lavoratori e dei fornitori.

 

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Quali sono gli obiettivi, in termini di fatturato, che vi siete posti per l’Eataly triestino?

Ci attendiamo un fatturato fra gli otto e i dieci milioni di euro all’anno, attraverso un equo mix di vendita dei prodotti e dei servizi di ristorazione. Abbiamo poi tutta la parte legata alla didattica, specie quella dedicata alle scolaresche. Ogni anno facciamo conoscere a 18mila bambini in tutta Italia il valore di una sana e corretta alimentazione. Questa scelta rappresenta un costo, il cui ritorno però è difficilmente calcolabile, specie se si scelgono di utilizzare dei criteri di valutazione puramente economici.

Non sono sempre rose e fiori. Dovrà fare anche i conti con chi la accusa di alterare gli equilibri di un settore, quello commerciale, che in città non se la passa sempre bene.

Ormai è provato che Eataly riesce a contaminare positivamente ogni territorio nel quale si inserisce, portando alla fine più lavoro per tutti. Bisogna superare le logiche medievali che puntano a fermare i nuovi arrivi, con l’intento di garantire l’acqua al proprio orticello. L’idea che se arriva uno bravo porta via lavoro agli altri è una grossa stupidaggine. Il futuro è di chi ha talento e si dà da fare.

Non può però negare la legittima paura di chi si dovrà confrontare con un colosso come Eataly.

Guardi, io parlo sulla base delle esperienze di questi 10 anni. Attorno a Eataly sono spesso rinate intere zone. Gli esempi del Lingotto di Torino e del Madison Square Park sono straordinari, per come quelle zone sono diventate il fulcro di attività non solo commerciali. La stessa sede che abbiamo aperto al Porto Antico di Genova ha fatto fiorire un luogo che prima era morente. E poi non dimentichiamoci che Eataly a Trieste darà lavoro a 85 persone: anche questo lo considero un target poetico.

Insomma, questo matrimonio fra Eataly e Trieste sembra nascere sotto i migliori auspici, nonostante venga “celebrato” il giorno 17...

Molti anni fa arrivai a Muggia per aprire una filiale di UniEuro. Le vendite andarono fin da subito molto bene e questo lo considero un segnale promettente. E poi questa città mi piace da pazzi. Fare due passi in piazza Unità è una cosa che da sola vale il viaggio per arrivare in questo angolo d’Italia.

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