Appunti per mio nipote. La paura/1

Il quadro "La paura" di Munch
Il quadro "La paura" di Munch

Caro amico che vivi vicino o lontano, caro altro diverso da me che porti i segni del virus nella psiche prima che sul corpo, oggi io e Jaques Delgado scendiamo nel sottoscala delle vite umane, cerchiamo di far luce dove di solito lasciamo la luce spenta. La paura, una di quelle cose che noi abbiamo dovuto prendere in mano e gestire.

Darwin ha identificato le cinque principali emozioni dell’uomo e una di esse è la paura. La paura in sé non è buona o cattiva, è soltanto una risposta a qualcosa percepito come pericoloso. Ci invia un messaggio di allerta, prepara il corpo ad agire e a difendersi. Era così fino ad ieri. Oggi la paura ha acquisito lo status di compagna di viaggio, ingombrante come una valigia di vestiti vecchi e sporchi, o come i mazzi di chiavi delle mie precedenti case: pesanti ed inutili. Si prova paura a sentire voci attorno a noi, essere sfiorati per strada, incrociare il vicino di casa. La paura del contagio è al contempo paura dell’abbraccio, del bacio o della stretta di mano. Paura dell’altro e del contatto. La casa diventa rifugio unico e sicuro e ci porta a prestare attenzione ai nostri cassetti pieni di polvere del tempo, dimenticati all’interno della nostra psiche. Può essere scomoda l’introspezione, ma ci permette di accogliere le diverse parti di noi. Se lo facciamo, diventa più facile riconoscere l’altro che ci circonda, in questa immensa famiglia umana. —



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