Appello, Lorito assolto con formula piena

Cancellata la sentenza di condanna di primo grado. L’ex capo della mobile: «Sono sollevato, sono stati anni duri e difficili»
Di Matteo Unterweger
Lasorte Trieste 18/07/12 - Tribunale, Carlo Lorito
Lasorte Trieste 18/07/12 - Tribunale, Carlo Lorito

Innocente. Assolto da tutte le accuse, in maniera netta, con formula piena. L’ex capo della Squadra mobile di Trieste e di Gorizia, Carlo Lorito, è uscito a testa alta, altissima ieri dall’aula penale della Corte d’appello del tribunale di Trieste. La sentenza di secondo grado ha spazzato via la condanna che gli era stata inflitta a gennaio del 2010, quando era stato giudicato colpevole in primo grado di favoreggiamento, corruzione e rivelazioni di segreti d’ufficio e quindi condannato a due anni di reclusione con la condizionale. Tutto questo, ieri, è stato cancellato con un deciso colpo di spugna perché per tutte e tre le fattispecie contestate «il fatto non sussiste». Lorito non ha commesso alcun reato. L’ha sancito il presidente della prima sezione della Corte d’appello, Igor Maria Rifiorati, affiancato dai consiglieri Donatella Solinas e Francesca Morelli. La decisione è maturata al termine di tre ore di Camera di consiglio. Ora, entro 90 giorni, la sentenza verrà depositata.

Un successo per Lorito e per i suoi difensori, gli avvocati Riccardo Seibold e Giorgio Borean (coadiuvati dal collega Euro Buzzi nel ruolo di consulente informatico), che hanno sempre creduto nell’innocenza del loro assistito. Anche ieri mattina, nell’ultima udienza del processo, Seibold ha definito in aula la sentenza di primo grado «contraddittoria e poco equilibrata, con evidenti forzature» e inquadrando come «estreme» le intepretazioni in essa contenute tanto che, ha rilevato, «si auto-contraddicono. Siamo convinti di aver dato prova di come Lorito non sia un tossicodipendente, e non abbia commesso atti contrari ai doveri d’ufficio». Prima di lui aveva preso la parola l’accusa, per voce del procuratore generale Carlo Maria Zampi, il quale già alla fine del marzo scorso aveva ridimensionato la richiesta di condanna da 24 a 22 mesi, considerando caduta l’ipotesi di favoreggiamento. Tra accusa e difesa schermaglie verbali a distanza, cioè nei rispettivi interventi, sulla legittimità o meno delle acquisizioni video e audio effettuate nel corso delle indagini, punto di scontro fra le parti nel corso dell’intera vicenda giudiziaria.

In apertura di udienza, il primo a intervenire era stato l’imputato principale del processo, Carlo Lorito. Il quale aveva ribadito la sua «estraneità ai fatti» contestati, rivendicando la propria totale correttezza: «Non sono mai venuto meno ai miei doveri d’ufficio». E la Corte d’appello gli ha dato ragione. La fine di un incubo. Quanto agli altri due imputati nel processo, condannati in primo grado per spaccio di droga, ad Andrea Sauro è stata confermata la pena di due anni mentre per Fabio Novacco è stata sostanzialmente dimezzata, passando da 4 anni e 6 mesi a 2 anni e 4 mesi: i fatti di cui è stato confermato colpevole sono stati considerati di lieve entità.

«Sono sollevato»: così - ieri all’uscita dal Tribunale di Trieste - Carlo Lorito che nella sua lunga carriera nella Polizia di Stato ha diretto, oltre alla Mobile di Trieste e a quella di Gorizia, anche l’Anticrimine a Venezia e per un periodo ha retto la Criminalpol in Sardegna. Arrivato sino al grado di primo dirigente, quando è esploso il caso giudiziario che l’ha coinvolto guidava l’Anticrimine a Gorizia. Dal giorno del suo arresto, il 16 novembre del 2007 era stato sospeso dal servizio. Poi, a metà del 2010, è comunque andato in pensione per limiti d’età. Tutta la vicenda era iniziata appunto il 16 novembre 2007, con la notifica a casa dell’ordine di arresto firmato dai pm Lucia Baldovin e Raffaele Tito. L’indagine, così come poi il dispositivo della sentenza di primo grado, sosteneva che Lorito si fosse fatto corrompere, avesse ricevuto cocaina e in cambio avesse rivelato il contesto di alcune indagini antidroga che in quel momento venivano svolte da altri uomini della polizia, facendole fallire. Il giorno prima dell’arresto, Lorito era stato ripreso da una telecamera nascosta dalla Squadra mobile all’interno del retrobottega della pescheria gestita da Diego Deste al Villaggio del pescatore di Duino. L’obiettivo aveva mostrato il dirigente di polizia che riceve da Deste una polvere bianca e poi la inala. Per gli inquirenti, cocaina, ipotesi che in primo grado era stata ritenuta fondata. La difesa, invece, ha sempre sostenuto che Lorito non è un assuntore di droga, portando a sostegno di questa tesi un’analisi chimica effettuata subito dopo la scarcerazione, nel febbraio 2008, e che non aveva rivelato segni caratteristici dell’assunzione di coca nei capelli dell’ex capo della Mobile. Gli esiti dell’analisi erano stati inseriti nel fascicolo del processo d’appello. La battaglia legale è proseguita. Sino alla sentenza di ieri.

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