Appalti e contributi “facili”, l’ex ministro Clini dal gup
UDINE I fondi pubblici nelle tasche dei privati. Assegnati cioè in modo del tutto discrezionale agli amici e alle società degli amici, in cambio di altri denari e di utilità varie. In una parola, tangenti. È così che l’ex ministro all’Ambiente, Corrado Clini, avrebbe abusato della propria posizione, negli anni in cui era a capo della Direzione clima ed energia del dicastero, costruendo una fortuna - la propria e quella dei suoi presunti sodali - attraverso il finanziamento a sei zeri di progetti internazionali di ecosostenibilità. Dell’ipotizzata cricca avrebbe fatto parte anche Pietro Lucchese, 56 anni, di Udine, titolare dell’agenzia di comunicazione Rem, con sede in viale Duomo e, dal febbraio 2017, in liquidazione.
Cosa ci sia di vero e dimostrabile nell’impianto accusatorio formulato dalla Procura di Roma nei confronti di Clini e degli altri venti indagati, nell’ambito di un’inchiesta che ipotizza per tutti l’associazione a delinquere e, a vario titolo, numerosi fatti di corruzione, abuso d’ufficio, turbativa d’asta e peculato, sarà l’udienza preliminare in programma dal 22 ottobre, davanti al gup Anna Maria Gavoni, a stabilirlo. Intanto il pm Alberto Galanti, titolare del poderoso fascicolo - 25 faldoni, comprensivi di pagine e pagine di intercettazioni e documentazione acquisita anche tramite rogatorie internazionali -, ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti. A cominciare dal “dominus” Clini, il potente ex ministro oggi 72enne arrestato nel maggio del 2014 con l’accusa di peculato e che in Friuli Venezia Giulia era diventato di casa, per la lunga presidenza dell’Area Science Park di Trieste e per le origini giuliane della compagna, la 51enne Martina Hauser, iscritta all’Aire di Roma e con villa a Duino. Finita a sua volta sotto indagine, a lei si contesta il ruolo di «snodo fondamentale dell’associazione sul versante balcanico» e «consulente del ministero».
Due i versanti sui quali il sodalizio avrebbe sviluppato i propri interessi: gli studi sul carbon footprint in Italia e gli interventi di cooperazione italiani all’estero, e in particolare in Cina e Montenegro, in attuazione del Protocollo di Kyoto. In entrambi i casi, ingenti risorse sarebbero state destinate a società o enti riconducibili agli stessi Clini e Hauser, oltre che ad aziende o raggruppamenti facenti capo, direttamente o indirettamente, ad altri indagati. Appalti e contributi (anche a istituzioni universitarie e fondazioni) facili, quindi, che i beneficiari avrebbero ricambiato attraverso «rimesse in denaro, prestazioni professionali vere o fittizie, assunzioni, incarichi e altre utilità».
La “longa manus” di Clini in Cina sarebbe stato Massimo Martinelli, 76 anni, di Roma, mentre diverse commesse estere sospette sono state contestate ad Augusto Pretner Calore, 75, di Padova, e Sandro Favero, 70, di Mirano, rappresentanti legali rispettivamente della Dfs Engineering Italia srl e della F&M Ingegneria spa. Nei guai, anche Antonio Paruzzolo, 70, di San Donà di Piave. Insieme a Lucchese, agli altri due veneti e ad altri sette indagati, devono rispondere dell’ipotesi di corruzione. Ma secondo l’avvocato Maurizio Miculan, difensore di Lucchese, «si tratta di accuse così sfumate e nebulose da rendere, di fatto, impossibile persino comprendere quali siano le condotte contestate».
Per esempio, «non si indica quale sarebbe “la tangente” corrisposta limitandosi, l’accusa, a riportare la frase di scuola “somme di denaro o altre utilità”, senza alcun riferimento specifico che consenta una difesa puntuale sul punto». Al di là della forma, pur decisiva, è nel merito che il legale cercherà di dimostrare l’innocenza di Lucchese. «Dimostreremo l’effettività delle prestazioni rese e la congruità delle somme ricevute a titolo di corrispettivo, così da puntare a un proscioglimento auspicabilmente già in sede di udienza preliminare». —
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