Appalti, Bindi richiama Fincantieri: "Serve un nuovo protocollo di legalità"

La presidente della Commissione Antimafia a Trieste: "L'azienda deve consentire controlli quotidiani"
Il vertice in prefettura della Commissione parlamentare antimafia (foto Lasorte)
Il vertice in prefettura della Commissione parlamentare antimafia (foto Lasorte)

TRIESTE La Commissione parlamentare antimafia mette nel mirino Fincantieri. «Sono emerse delle criticità che richiedono un’interlocuzione, quanto meno per invitare l’impresa a siglare un nuovo protocollo di legalità con le parti sociali e la Prefettura. Ma Fincantieri, un’azienda pubblica, si rifiuta», ha dichiarato la presidente Rosy Bindi.

La Commissione era in missione ieri a Trieste per un approfondimento con i vertici delle forze di polizia, della magistratura, dei sindacati, di Confindustria e dei porti di Trieste e Monfalcone. Un focus sulla criminalità organizzata in regione, una delle tappe del Nord Italia, dopo la Lombardia, il Piemonte, la Liguria e il Veneto.

Anche il Fvg è terra di conquista per i tentativi di infiltrazione nel tessuto economico locale, nel porto e nel traffico di droga e immigrati. «L’impressione – ha premesso Bindi in conferenza stampa con i colleghi parlamentari, i due vicepresidenti Claudio Fava (Misto) e Luigi Gaetti (M5S) e Rosaria Capacchione del Pd – è quella di una parte di Nord dove ancora si può escludere una presenza di insediamento vero e proprio della criminalità di stampo mafioso».

Rosy Bindi
Rosy Bindi

Il Fvg «non è la Lombardia, quarta regione per insediamento mafioso, ma anche qui come in altre parti del Nord-Est segnali di presenza inquietanti ci sono e ci sono comportamenti spia che fanno pensare che l’attenzione debba essere alta per impedire che non si verifichi qui quanto si è verificato altrove. Ci sentiamo di non creare allarme – ha avvertito – ma al tempo stesso di tenere alta l’attenzione perché anche questa parte di Paese non è immune da rischi».

Fincantieri, dunque. «Non usiamo parole che potrebbero destare preoccupazioni improprie – ha puntualizzato la presidente – ma riteniamo che se più della metà dei lavoratori non sono dipendenti della società, ma dipendenti regolari o irregolari di ditte affidatarie che muoiono e nascono anche fuori dalla tracciabilità e che spesso fanno registrare lavoro sottopagato ed evasione previdenziale, bisogna stare attenti. Non solo perché è una negazione dei diritti, ma anche perché questi sono comportamenti-spia di presenza di criminalità organizzata di tipo mafioso», ha voluto precisare.

«Da parte nostra – ha insistito – richiediamo un maggiore impegno a evitare che questi comportamenti si verifichino. Fincantieri deve consentire l’accesso per i controlli. Senza questo non è possibile fermare chiaramente queste situazioni – ha ribadito – che possono essere anche segnali di presenza mafiosa».

Una veduta dello stabilimento Fincantieri di Monfalcone (foto Jean Francois Pegàn)
Una veduta dello stabilimento Fincantieri di Monfalcone (foto Jean Francois Pegàn)

In serata la risposta dell’amministratore delegato della società Giuseppe Bono che, nella sua veste di presidente di Confindustria Fvg, ha incontrato la Commissione nel tardo pomeriggio. Il manager ha proposto l’adozione di un protocollo nazionale per tutti i cantieri del gruppo «che rispecchi la normativa antimafia» e ha detto che Fincantieri da tempo si è data un’organizzazione per assicurare «controlli più incisivi».

Sollecitando istituzioni e sindacati a collaborare «al fine di prevenire l’eventuale insorgenza di problematiche illegali», Bono ha garantito che il controllo delle ditte d’appalto, sia al momento della loro iscrizione nell’albo dei fornitori che in quello dell’affidamento degli ordini, «è uno dei più rigorosi del Paese», ritenendo la legalità «un valore fondamentale, al pari del lavoro».

Al di là delle preoccupazioni su Fincantieri e sulle forme di inquinamento criminale nell’economia locale, Bindi ha spostato l’accento anche sugli scenari nazionali. E l’inchiesta mafia-Capitale in cui il sindaco di Roma, Ignazio Marino, «sicuramente non può essere confuso con le vicende contenute nell’indagine», è l’analisi della presidente. Quanto accaduto a Roma «è avvenuto perché si è creato un sistema negli anni che è diventato penetrabile dai poteri criminali e questo sistema va cambiato. Non ci possono essere centinaia di stazioni appaltanti dentro un Comune e quindi ci deve essere una responsabilizzazione da parte di tutta la dirigenza amministrativa e una profonda pulizia dentro la politica che interessa i partiti».

 

 

 

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