Aperture festive, Rovis: "Il Garante ci dà ragione"
Oggi la questione al Consiglio di Stato

Serranda selvaggia in agosto
Domeniche aperte o domeniche chiuse? La contestata legge regionale sulle aperture dei negozi, che sta già traducendosi nei primi tagli occupazionali, conoscerà oggi un nuovo capitolo. Il Consiglio di Stato dovrà infatti esprimersi sul ricorso presentato dal Comune e dalle Cooperative Operaie di Trieste, Istria e Friuli avverso alla ”sospensiva” con cui il Tar lo scorso giugno, in risposta a un ricorso della Regione, aveva annullato la delibera del Consiglio comunale che assegnava a Trieste lo status di ”città d’arte”, permettendole di aggirare le limitazioni delle 29 domeniche aperte all’anno dettate dalla nuova riforma Ciriani sul commercio.
In pratica un grimaldello, anzi, un vero e proprio piede di porco contro un provvedimento che è stato letto anche nel centrodestra triestino come friulanista e lontano anni luce dalla realtà economica locale. «Siamo del Popolo della libertà – tuona l’assessore forzista Paolo Rovis, da sempre contrario alla legge – ma alcuni prendono decisioni che mi aspetterei, semmai, da Rifondazione comunista...! Eppure Berlusconi, già nel 1999 aveva detto che ”la libertà è innanzitutto la libertà dalla coercizione ingiusta esercitata da organismi pubblici o privati. Ogni limitazione della competizione equivale, quindi, alla violazione della libertà e dei diritti di ciascuno”...».
IL GARANTE
Rovis, ciononostante è fiducioso. E risolve un piccolo ”mistero”: quello del parere scritto atteso ormai da un anno da parte del Garante della concorrenza, dopo delle anticipazioni a voce che facevano capire chiaramente il parere contrario di Catricalà verso la legge Ciriani. «Forse ci siamo dimenticati di dirlo, ma il Garante ci ha mandato una lettera nella quale fa riferimento a un suo parere dell’ottobre 2008 sugli esercizi commerciali, sostenendo che calza perfettamente al caso nostro».
Il testo, in effetti, non lascia troppi margini alle interpretazioni. Citando il caso specifico legato allo status di città d’arte, Catricalà prefigura lo scenario di «inerzia delle regioni nella sua definizione», cosa in effetti accaduta nel Friuli Venezia Giulia. In questo caso, assicura, «spetta agli stessi comuni il compito di accertare il prevalente carattere turistico della rispettiva realtà economica ovvero la caratteristica di città d’arte. Ciò al fine di superare eventuali comportamenti inerti che potrebbero ostacolare l’applicazione dei principi concorrenziali».
LA DISOBBEDIENZA
E non è finita. Il Garante, a chiusura del suo parere, certifica che laddove l’ente locale abbia varato delle norme che vadano contro il testo nazionale (nella fattispecie la legge Bersani), ne derivi «il conseguente obbligo di disapplicazione di tutta la regolamentazione regionale o locale contrastante con i principi concorrenziali da parte delle amministrazioni». Inutile dire che queste due tesi sono la roccaforte della linea seguita da Comune e Coop davanti al Consiglio di Stato.
Mentre un altro esponente del Pdl, Lorenzo Giorgi, vede nella sospensiva del Tar «un’ingerenza che dovrebbe portare ad una ispezione ed una inchiesta degli organi competenti su tale provvedimento, che sta provocando danni economici e sociali», i diretti interessati aspettano. Livio Marchetti, presidente delle Cooperative operaie fa piazza pulita di alcuni indiretti attacchi ricevuti dai sindacati. «Non abbiamo licenziato nessuno, semplicemente non abbiamo rinnovato contratti in scadenza. Aspettiamo il Consiglio di Stato perchè, se si aprono spazi, avremo bisogno di gente, anche nell’ottica dei negozi di vicinato. Rimaniamo solamente in stand-by per capire quello che succede nell’insieme».
«Siamo al paradosso: si manifesta per la Stock – commenta Angelo La Rocca, direttore delle Torri d’Europa e invece qui, dove siamo obbligati a chiuedere, nessuno dei sindacati fiata... Mi ha fatto piacere che Belci della Cgil apra al dialogo, ma per il resto mi pare che non si parlino neanche tra di loro. Tanto che le cifre di cui ha parlato qualcuno non so da dove vengano fuori».
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