Anziano malato di scabbia. Braccio di ferro Itis-AsuiTs

L’ottantenne avrebbe contratto il parassita dove un periodo trascorso in ospedale. Altri tre casi sospetti nella residenza di via Pascoli dopo il mancato ricovero dell’uomo
Lasorte Trieste 28/02/13 - ITIS
Lasorte Trieste 28/02/13 - ITIS

TRIESTE Un anziano ospite dell’Itis ammalatosi di scabbia probabilmente dopo un ricovero in ospedale. E altri tre casi sospetti registrati sempre tra i malati della residenza per anziani di via Pascoli. Anche loro, come l’ottantenne che per primo ha contratto la malattia, hanno manifestato prurito alla pelle, il tipico sintomo di questa infestazione cutanea provocata da un parassita. Le autorità sanitarie stanno effettuando le verifiche per accertare se si tratta effettivamente di scabbia. Nessun operatore invece è stato intaccato.

Non è chiaro come l’anziano abbia contratto la malattia anche perchè l’Asuits non ha fornito alcuna informazione sul singolo caso. Si è venuto a sapere però che l’uomo era entrato in agosto all’interno dell’Itis, nella residenza Ciclamino che accoglie circa 70 persone (le aree in totale che compongono il complesso sono nove e accolgono 411 pazienti, a cui si aggiungono 35 posti della Rsa San Giusto). In seguito è stato ricoverato in ospedale per un problema personale. Poco tempo dopo le dimissioni però è comparsa appunto la scabbia. È possibile quindi, come detto, che la malattia sia stata contratta nei reparti ospedalieri. Ma dall’Azienda sanitaria non arrivano né conferme né smentite. «L’incubazione della scabbia è lunga - specifica il direttore dell’Itis Fabio Bonetta -, non sappiamo dove l’abbia presa, qui all’Itis sicuramente no, visto che non abbiamo questo tipo di problema».

Il nodo però, ora, non è tanto come l’anziano si sia ammalato, ma come gestire adesso la patologia. Un compito, secondo Bonetta, che spetterebbe all’AsuiTs e non all’Itis. «Da parte nostra - prosegue il direttore - abbiamo applicato rigidamente il protocollo. Nessuno ci ha indicato un ricovero, gestiamo noi la situazione. Anche se non abbiamo la possibilità nè vogliamo contenere le persone, anche perché si tratta di un paziente che soffre di demenza, non è autonomo nè autosufficiente, facciamo di tutto per evitare i contatti, ma l’Itis ritiene che dovrebbero esserci altre situazioni che lo tutelino».

La replica dell’AsuiTs è affidata a Riccardo Tominz, dirigente medico del Dipartimento di Epidemiologia, che sottolinea come la scabbia non sia un’infezione pericolosa. La profilassi in questi casi, spiega, prevede che i malati vengano posti in isolamento, in particolare 24 ore dopo o almeno durante la notte successiva al trattamento topico, che consiste nella spalmazione di una crema specifica. Tominz, che non si esprime sul singolo caso ma in generale,ricorda poi come «non sia necessario ricoverare le persone affette da scabbia, soprattutto in queste condizioni di fragilità perché per loro è destabilizzante e poi a quell’età si potrebbe incorrere in altre patologie. Sta alle strutture - conclude - controllare che le persone non vadano in giro, in particolare nella notte dopo il trattamento».

Per l’AsuiTs, insomma, tocca all’Itis farsi carico dell’azniano malato, seguendo le dovute prescrizioni e i protocolli internazionali. «Bisogna inoltre - aggiunge Tominz -, cambiarsi di abiti, che assieme a lenzuola, coperte e tutto ciò con cui è venuto in contatto la persona 72 ore prima della terapia, devono essere lavati in acqua che superi i 60 gardi. Gli indumenti che non possono essere lavati in acqua, devono essere chiusi in un sacco per una settimana per evitare la reinfezione. Su poltrone pelose o altre cose di questo tipo deve essere spruzzato insetticida o erogare vapore a caldo in modo da uccidere i parassiti negli ambienti».

L’Itis sta poi sorvegliando gli altri tre ospiti che potrebbero essersi ammalati. Dall’Azienda sanitaria, però, non arrivano indicazioni su questi possibili ulteriori contagi. L’Azienda ospedaliero-universitario invece ha reso noti i numeri generali. Sono 19 i casi notificati al dipartimento di Epidemiologia nel 2016 e 17 quelli registrati nel 2017. Quindi non risulta esserci alcun particolare aumento. Nessuna indicazione infine, per motivi di privacy, sulla nazionalità delle persone infettate e sulle modalità di contagio.

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