Anziano a terra a Trieste, soccorsi dopo oltre un’ora
TRIESTE Un anziano steso per terra, in casa. L’ambulanza che arriverà dopo oltre un’ora. E dopo ben cinque chiamate al centralino. È successo a Trieste. Sotto accusa il Nue, il Numero unico di emergenza: il 112. L’episodio risale alla mattina di lunedì 14 agosto.
I fatti. Lunedì, dunque. La signora Elena B. cerca di contattare al cellulare il padre, un ottantunenne che soffre di enfisema polmonare e insufficienza respiratoria. Non risponde. La figlia, preoccupata, si precipita subito a casa del papà in zona via Paisiello. Lo trova in bagno, riverso sul pavimento, con la testa sotto il termosifone. È lì, in quelle condizioni, dalla sera prima. Ha avuto un malore, forse per il caldo, ed è caduto. Ed è senza il tubetto dell’ossigeno che usa abitualmente.
«Appena ho visto la situazione, ho telefonato subito al 112 e intanto ho cercato di togliere mio papà da quella posizione, trascinandolo fuori per metterlo in sicurezza in corridoio», racconta la donna. «È stata la mia nipote di otto anni a darmi una mano... mio padre capiva, ma non riusciva a parlare».
Attenzione all’ora: in quel momento, quando Elena telefona per la prima volta al 112, sono le 10.13. La conversazione con l’operatore, anzi gli operatori, si protrae per 2 minuti e 54 secondi: La signora parla prima con un centralinista del Nue e poi, stando a quanto riferisce lei stessa, probabilmente con un addetto della centrale operativa del 118. A cui, a quanto pare, viene inoltrata la segnalazione.
«Sì – conferma Elena – mi hanno passato chi gestisce i soccorsi sanitari. Mi hanno domandato cosa è accaduto e se mio padre era cosciente o meno. E mi hanno detto che appena avessero avuto un’ambulanza libera, sarebbe venuta». Trascorrono i minuti ma dei soccorsi non c’è traccia. Il papà, intanto, è sempre per terra. La figlia, allarmata, gli rimette l’ossigeno e riprova un’altra volta con il 112: la chiamata parte alle 10.33. Sta al telefono altri 2’ e 21’’. Ma ancora niente ambulanza.
Le tempistiche trovano conferma nella sequenza dei contatti: nello screenshot della schermata del cellulare che la donna si è premurata di conservare per avere le prove di quanto accaduto. Ritenta alle 10 e 49: parla con l’operatore per ulteriori 2’ e 6’’. È tempo che passa, ma non si vede ancora nulla. Elena è esasperata. Alle 11.01 compone lo 040-3991111, il centralino unico dell’Asuits, con la speranza di poter parlare direttamente col pronto soccorso. Ma in 4’ e 7’’ le viene spiegato, in sostanza, di rivolgersi al 112. «Ci dispiace, noi non possiamo fare nulla».
Elena ricompone il numero: lo fa alle 11.08 (1’ e 15’’ di chiamata). Ma niente. Riprova un’ultima volta alle 11.23 (43’’). Finalmente è quella buona: «Dopo circa dieci minuti è giunta l’ambulanza che ha portato mio papà in pronto soccorso», ricorda la signora. Se quanto afferma è esatto, dal primo tentativo delle 10.13, all’arrivo dei sanitari, passa circa 1 ora e 20. Certamente più di un’ora. Sei chiamate in tutto, di cui una in ospedale.
«Nel frattempo – ripercorre la figlia – io e mia nipote di 8 anni abbiamo soccorso mio padre. Gli abbiamo liberato la testa che era incastrata tra il pavimento e il termosifone. Lo abbiamo trascinato in corridoio e messo su un cuscino, tutto questo tra pianti miei e della bambina e telefonate che promettevano aiuti che non arrivavano mai». Il panico. «Ringrazio solo mia nipote Alice che a 8 anni con sangue freddo, seppur piangente, è riuscita ad aiutare il bisnonno. Il 112 è un fallimento. È un’organizzazione da terzo mondo».
I vertici della sanità regionale sono al corrente del caso. «Sono stata informata – spiega l’assessore Maria Sandra Telesca – e come tutti gli episodi segnalati, anche questo verrà sottoposto a verifiche. Andremo ad appurare tutto: le registrazioni delle telefonate e i tempi d’intervento. Sapremo dare una risposta: capiremo cosa è successo, cosa non ha funzionato e perché».
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