Anziani morti dopo le iniezioni di sedativi. Ex medico del 118 accusato di 9 omicidi

A processo il monfalconese Vincenzo Campanile. La difesa: «Terapia giusta, i pazienti stavano già morendo» 
L’ex medico monfalconese Vincenzo Campanile
L’ex medico monfalconese Vincenzo Campanile

MONFALCONE Dovrà affrontare il processo davanti alla Corte d’Assise con l’accusa di nove omicidi volontari Vincenzo Campanile, il medico monfalconese, ex anestesista del 118 di Trieste. È stato rinviato a giudizio ieri dal gup Massimo Tomassini. Secondo la tesi accusatoria ha ucciso a Trieste nove anziani con iniezioni di potenti sedativi, tra cui il Propofol, durante interventi di soccorso domiciliare. Il medico dovrà rispondere anche di falso in atto pubblico: l’accusa è di non aver riportato nei verbali di intervento l’utilizzo dei medicinali. L’avvocato Alberto Fenos aveva chiesto il proscioglimento.

Per Vittorio Antonaglia, ex responsabile del 118 del capoluogo giuliano ed ex direttore del Sores, indagato per omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale, è stato avviato dal giudice l’iter di messa alla prova, chiesto dall’avvocato Giovanni Di Lullo: nell’udienza del 2 luglio il gup deciderà se procedere in via definitiva con la messa alla prova o decretare il proscioglimento.

Le vittime erano tra i 75 e i 90 anni, tutte con patologie (quattro erano pazienti oncologici) e colti da improvviso peggioramento prima di richiedere l’intervento d’emergenza del 118. I decessi si erano verificati tra il novembre 2014 e il gennaio 2018. L’ex anestesista, nel frattempo licenziato dall’Azienda sanitaria, secondo l’accusa anziché tentare di salvare gli anziani, avrebbe iniettato dosi di Propofol (ma anche altri farmaci come la morfina) approfittando del loro stato di incoscienza: in questo modo avrebbe causato, o comunque contribuito a causare, la morte, non ospedalizzando i pazienti e non tentando manovre di emergenza. L’indagine era iniziata dopo l’intervento di soccorso del 3 gennaio 2018 nella casa di cura Mademar, dove era spirata una donna di 81 anni. Campanile le aveva somministrato il Propofol pur di fronte alle richieste del figlio che sollecitava il ricovero. Il consulente del pm, in seguito all’autopsia, aveva ritenuto la morte attribuibile a un’intossicazione da Propofol. A quel punto i sospetti su Campanile avevano cominciato a delinearsi e per confermare la presenza di analoghe tracce del medicinale erano state riesumate le salme di altri quattro anziani soccorsi dal medico.

«Si trattava di malati oncologici, uno dei quali appena dimesso senza indicazioni terapeutiche ritenute utili – è la tesi difensiva di Fenos –, o comunque di persone molto anziane, con patologie gravi e che avevano subito un ulteriore peggioramento. Anche il trasporto sarebbe stato verosimilmente inutile, così come l’attuazione di manovre d’emergenza. Il processo irreversibile di morte era ormai avviato al momento della richiesta di soccorso. In quelle situazioni un medico deve trovare anche il coraggio di interrompere cure inutili e sproporzionate per passare alla sedazione, evitando sofferenze. Altri medici pensano che il comportamento di Campanile sia stato deontologicamente corretto. Presenteremo un’eccezione per far sentire in dibattimento i nostri consulenti tecnici, che il gip non aveva ammesso in sede di incidente probatorio».

«Antonaglia aveva avuto un unico incontro col personale infermieristico – ha affermato Di Lullo – che lo aveva messo al corrente di anomalie nelle schede operative di Campanile, ma senza mai parlare di accuse gravi: c’era un’unica scheda che citava il Propofol che poteva anche essere stato solo preparato e non somministrato, mentre l’altro caso riguardava una dose di morfina che, secondo un’infermiera, non sarebbe stata opportuna. Tre mesi dopo quell’incontro Antonaglia era andato a dirigere il Sores (era il 2017 ndr). A quel tempo non si era ancora verificato il caso alla Mademar e non poteva sussistere alcun obbligo di denuncia del presunto reato di falso commesso, secondo l’accusa, da Campanile». —




 

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