Anticorpo “svela-tossine” algali

Alla guida del team l’esperta Aurelia Tubaro. Progetto triennale

Un anticorpo specifico prodotto dai tossicologi dell’Università di Trieste rivela per la prima volta le sue molteplici potenzialità individuando tossine algali. A centrare il bersaglio è un team di ricercatori guidato da Aurelia Tubaro, tossicologa, che da anni studia le microalghe insieme al giapponese Takeshi Yasumoto, esperto mondiale.

Le tossine algali sono prodotte da alghe microscopiche che fioriscono anche nel Mediterraneo. Tra le varietà studiate c’è l’Ostreopsis ovata, che può causare blande dermatiti o affanno nei bagnanti. A tali alghe sono stati attribuiti fastidi estivi di lieve entità (prurito e arrossamento della pelle) anche a Trieste, negli ultimi anni. La tossina di Ostreopsis, od ovatossina, era difficile da individuare sia per mancanza di tecniche, sia perché non tutte le alghe, e non sempre, la producono. Serviva un metodo di identificazione rapida e sicura che dicesse agli operatori quando mettere sull’avviso i bagnanti.

Tubaro e colleghi – Maurizio Prato, Roberto Marzari e Fabio Benedetti a Trieste, e Giorgio Honsell a Udine – hanno lavorato per tre anni, grazie a un finanziamento della Regione per un progetto sull’Innovazione in Ittiocoltura, e hanno realizzato un anticorpo mirato. La tossina, infatti, può accumularsi in mitili e crostacei causando problemi più seri di quelli registrati nel golfo di Trieste. «Studiavamo da un decennio la palitossina, assai simile alla ovatossina», spiega Tubaro, che è membro di una task force internazionale che esamina il problema. «Per individuarla nelle alghe - aggiunge - abbiamo costruito un anticorpo specifico. Ma testandolo su campioni locali di acqua marina abbiamo visto che individuava anche la cugina ovatossina». Due piccioni con una fava, insomma. Anzi meglio. Perché l’anticorpo è talmente sensibile che riesce a vedere la tossina già nel corpo cellulare.

«Ora possediamo uno strumento efficace anche per gli operatori del settore ittico», ha detto Takeshi Yasumoto, in visita alla Scuola di dottorato in Scienze e tecnologie chimiche e farmaceutiche.

Cristina Serra

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