Anticipo sulla liquidazione, in Fvg la Casta non aspetta

Acconto dell’indennità di fine mandato chiesto da una dozzina di consiglieri. Marini e Colussi gli ultimi a fare domanda
Di Marco Ballico
sterle trieste 06 05 08 consiglio regionale giunta tondo la prima
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TRIESTE. Nel 2013, dati del bilancio, le liquidazioni di Palazzo hanno obbligato l’aula a prevedere una posta aggiuntiva di 3,2 milioni di euro. Sono liquidazioni d’oro, del resto: circa 50mila euro a testa per ciascun mandato. Ma qualcuno - una dozzina di consiglieri stando alle informazioni della segretaria generale del Consiglio regionale, uno su tre degli aventi diritto - si è fatto anticipare l’assegno nel corso della legislatura, come consentito dalla legge, la 38 del 1995. Un testo che, all’articolo 6 bis, dispone la possibilità di presentare istanza all’Ufficio di presidenza per l’anticipo dell’indennità di fine mandato sino al 50% dell’importo maturato. Sempre che si siano versati i contributi di legge (le trattenute obbligatorie per la corresponsione della liquidazione sono pari al 5% dell’indennità di presenza, 514,60 euro mensili) e che si occupi un seggio in piazza Oberdan da almeno otto anni.

Una corsa all’anticipo, dunque. Almeno per chi lo può fare. Dei 59 inquilini dell’aula sono 23 i consiglieri al primo mandato e quindi privi del requisito degli otto anni di “carriera”. Dei 36 “abilitati” si sono mossi in una dozzina. L’elenco completo, chiesto dal nostro giornale al Consiglio, verrà pubblicato la prossima settimana. Gli ultimi due eletti ad avanzare la richiesta resa possibile dalla legge 38, “Disposizioni in materia di trattamento indennitario dei consiglieri regionali”, sono stati, trasversalmente, Bruno Marini del Pdl e Piero Colussi dei Cittadini. Entrambi spiegano la decisione semplicemente con «il suggerimento ricevuto da qualche collega». Si poteva fare e l’hanno fatto. Tutto regolare, rimarcano. Nel rispetto della legge, loro come tutti gli altri, avevano la possibilità di chiedere «la metà del trattamento – così prosegue l’articolo 6 bis – di cui avrebbero diritto in caso di cessazione dal mandato l'ultimo giorno del mese precedente quello di effettuazione della richiesta».

L’anticipazione può essere ottenuta una sola volta. Al termine del mandato consiliare, di conseguenza, l’ammontare dell’anticipo è detratto dall’indennità complessiva che, ai sensi dell’articolo 6, «è pari alla media delle mensilità dell'indennità di presenza lorda percepita nell'ultima legislatura dal consigliere regionale uscente, moltiplicata per ogni anno di esercizio del mandato». Posto che parliamo di una cifra attuale di 10.291 euro mensili lordi, i conti si fanno in fretta: una sola legislatura vale 50mila euro. Quanto all’anticipo del 50%, possibile dopo otto anni da consigliere, si viaggia di conseguenza dai 50mila euro dopo due legislature, ai 75mila dopo tre, ai 100mila dopo quattro, la metà dell’importo complessivo per quella che la Casta ama far passare come «sostegno al reinserimento nel mondo del lavoro».

Quella dell’anticipo è un’opzione che i partiti ritengono peraltro vada cancellata. Lo hanno pure scritto nelle loro proposte di legge. Che la richiesta del 50% del bonus nasconda la paura di un cambio delle regole nella prossima legislatura? Possibili dilazioni, una percentuale di anticipo più bassa, un numero di anni in aula più alto per poter strappare l’anticipo fanno paura? Chissà. Di certo quello che i consiglieri non intendono mettere in discussione è la norma principale, quella mega-indennità che è sì frutto di un contributo, ma molto inferiore a quanto poi si incasserà. I 514 euro al mese trattenuti in busta paga pesano su tutta la legislatura per 30.840 euro, il 60% di quanto si verrà a percepire una volta usciti dal Consiglio. Solo l’Idv, lo ha ricordato giorni fa Alessandro Corazza, tentò di cancellare il sistema delle liquidazioni di Palazzo con una proposta di legge, presentata il 2 agosto 2010. Niente da fare, come per i referendari guidati da Gianni Ortis, sin qui respinti dal fortino.

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