Antichi carri funebri che marciscono nel bunker di Trieste
Il mistero si infittisce. Nelle scorse settimane lo Heeresgeschichtliches Museum di Vienna, nel centenario della Grande guerra, ha chiesto di poter esporre il carro funebre che portò il feretro di Francesco Ferdinando da piazza Unità (all'epoca piazza Grande) alla stazione centrale, l'allora stazione della Meridionale. Era il 2 luglio 1914. Dopo una girandola di spostamenti, fra gli anni Settanta e Ottanta quel carro – insieme ad altri 11 - finì in una galleria situata all'inizio di viale D'annunzio. Poi, come un diserbante, la cancellazione della memoria passò sopra la città e Trieste perse le tracce del suo nobile cimelio.
La domanda del Museo di Vienna è rimasta insoddisfatta. Nel nero bunker di viale D'Annunzio (di proprietà del Comune) marciscono però abbandonati ancora tre carri funebri del primo Novecento e il baldacchino di un quarto - più piccolo – adibito al trasporto dei bambini. Che uno di essi sia proprio quello che trasportò il corpo di Francesco Ferdinando dopo che morì ammazzato a Sarajevo? Andrebbero fatte le necessarie comparazioni, ma quel che è certo è che il legno dei carri è in decomposizione da più di un quarto di secolo e nessuno interviene. La galleria di viale D'Annunzio è sprangata da un alto cancello chiuso da un lucchetto. Dopo averlo varcato inizia un viale del degrado. L'umido è tombale e le pareti trasudano acqua. Il terreno è un percorso di guerra disseminato di spazzatura: estintori, motori, schienali di sedie e vetri. Ogni lato ospita una nicchia stracolma di rifiuti. Porte, tapparelle, cavi di gomma e travi di legno. Poi, sulla pista ghiaiosa e bagnata, appare un materasso e, dietro questo, spunta un baldacchino bianco che faceva, appunto, parte delle piccole carrozze funebri destinate ai bimbi.
Più oltre, continua il sepolcro di spazzatura. Cataste di porte, finestre, vetri rotti, scale, pneumatici e vanghe. Non basta. Ecco un tanfo tremendo. La torcia illumina 16, ben 16, barili pieni di catrame e quasi tutti scoperchiati o bucati. Intorno, è un concerto di gocce che cadono dall'alto e l'umido si fa pazzesco. Per terra, stalagmiti. Dal soffitto, invece, pendono lunghissime stalattiti. Quindi, sulla destra, appare un carro. Anzi, il fantasma di un carro. È sfondato, piegato su se stesso, ma – e ciò la dice lunga - è quello che si è preservato meglio dalle forze demolitrici del tempo, dell'umido e dell'incuria. Il legno è in putrefazione, le parti di ferro sono mangiate dalla ruggine e una sola ruota è ancora integra. Nascosta, compare una targhetta con su scritto “1”.
Il nido dell'incuria prosegue con scarpe, bottiglie e pneumatici, quando - sulla sinistra - si disegna il secondo carro. È più piccolo ed è sfondato anch'esso. All'interno della carcassa sono disseminate delle ruote che sembrano essere di un veicolo ferroviario. Anche qui un numero: c'è scritto “24”. Per l'ultimo, spunta quello più malandato e ridotto a un rottame. Per esso non sembra esserci via di recupero. Accanto c'è un altro baldacchino che potrebbe essere suo. Sulla sua targhetta pare ci sia scritto “19”, anche se il numero è ormai poco leggibile. Eppure, non più tardi di un anno e mezzo fa, Il Piccolo segnalò la presenza di quel tesoro sotterraneo. I triestini si fecero sentire a gran voce, soprattutto sul web, ma l'eco venne ignorata dal Comune. Oggi, quegli stessi triestini non hanno cambiato idea.
«I carri asburgici dovrebbero essere riesumati, confrontati con le fonti dell'epoca ed essere poi preservati», dice la signora Maria Parenzan, titolare della tabaccheria di viale D'Annunzio 16. Massimo Guzzone, 49 anni, è molto più risoluto. «È una vergogna – osserva. Cosa aspetta il Comune e tirarli fuori e restaurali? Se avesse anche bisogno di manovalanza gratuita, mi offrirei subito e, come me, credo tanti altri». Insomma, che quel carro abbia trasportato le spoglie di Francesco Ferdinando o meno, non merita certo di fare questa indecorosa fine e, come lui, gli altri due che marciscono putrefatti.
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