Annemarie Schwarzenbach, Trieste prima tappa verso le illusioni della donna nomade in cerca dell’amore

Colta, androgina, ricchissima, la scrittrice inquieta viaggiò in lungo e in largo in Oriente. Lottò contro nazisti, divenne dipendente dalla droga e morì cadendo dalla bicicletta

La fotografa Marianne Breslauer, assistente di Man Ray, incontra la scrittrice Annemarie Schwarzenbach (1908/1942) nel 1931: l'enfant maudit della letteratura svizzera ha ventitré anni e sta per uscire il suo primo romanzo “Gli amici di Bernardo”. La Breslauer resta sconcertata, Annemarie le appare “come un essere d’un tipo mai incontrato prima. E se m’avessero detto ch’era l’Arcangelo Gabriele alle porte del paradiso, l’avrei creduto. Non era come una donna o come un uomo, ma come un angelo, come io immagino un arcangelo...”.

Annemarie Schwarzenbach ha un’inquietante bellezza androgina e usa vestirsi come un elegante garçon. Capelli corti con la sfumatura alta, le dita ingiallite dal fumo, guida auto lussuose (regali del padre). Viene da una ricca famiglia di industriali svizzeri e cerca scampo dall’ossessiva custodia materna nella scrittura. Ama, “con vera passione” solo le donne, in particolare Erika Mann. Un amore mai ricambiato, che lega il suo destino a quello dei due figli maggiori di Thomas Mann, con loro scopre la morfina e ne diventa dipendente. Per disintossicarsi finisce in case di cura o cliniche psichiatriche.

Annemarie è drammaticamente infelice. Spirito nomade, dopo la pubblicazione dei primi romanzi, inizia a viaggiare e scrivere reportage dalla Persia all’Afghanistan, dalla Russia all’India, dagli Usa al Congo. Nei suoi viaggi verso il Medio Oriente fa più volte tappa a Trieste, porto di partenza verso nuove illusioni: “Ancora ieri, non lontano da Trieste, dall’alto degli scogli rosso ruggine avevo visto il mare, una schiumosa distesa azzurra!” annota nel 1939 mentre, diretta a Kabul, si lascia alle spalle la città e le sue strade piene di enormi scritte inneggianti al Duce. Durante una spedizione archeologica in Persia, incontra Claude Clarac, funzionario dell’ambasciata francese, omosessuale, colto e premuroso.

Dopo un ennesimo tentativo di suicidio per una lite con Erika Mann, decide di sposarlo e il 16 aprile 1935 la madre l'accompagna da Zurigo a Trieste, dove deve imbarcarsi per Beirut. Scrive la biografa D. L. Miermont che le foto scattate da Renée al porto di Trieste prima dell’imbarco mostrano il bel viso (sempre imbronciato) della figlia “segnato dalla fatica e dalla depressione, gli occhi inquieti contornati dalle occhiaie”. Il futuro marito attende Annemarie con una Buick fiammante, il suo regalo di nozze, ma lei non regge agli obblighi della vita consolare, a Teheran s'innamora della figlia di un diplomatico ed è costretta a tornare in Europa, percorsa da venti di guerra. Scrive “Morte in Persia”, sunto dell'abissale senso di smarrimento che connota tutta la sua opera. Nell’estate del 1937 Klaus Mann le chiede d'entrare nella Resistenza e smettere di drogarsi perché la lotta al nazismo necessita di persone sane e responsabili, lei acconsente e grazie all’acquisita cittadinanza francese ed al suo passaporto diplomatico, le vengono assegnate operazioni anche rischiose.

La buona volontà però non basta e tra marzo 1938 e febbraio 1939 entra e esce di nuovo da diverse cliniche. Durante un ricovero a Kreuzlingen riceve la visita dell’antropologa svizzera Ella Maillart, con lei programma un viaggio a Bombay a bordo della sua nuova Ford, ultimo regalo del papà. Entrambe scriveranno un resoconto di quel viaggio. “La Via per Kabul. Turchia, Persia, Afghanistan 1939-1940” è tra i libri più belli della Schwarzenbach. La descrizione di spazi sterminati, l’evocazione dei nomi dei luoghi, da Trebisonda a Kandahar, dall’Hindu Kush ad Aden, diviene per l'autrice una formula magica per cercare di capire se stessa e il mondo. Anche in quest'occasione Trieste è una prima tappa del viaggio che attraverso i Balcani, Belgrado, Sofia, Istanbul, la porta fino in Afghanistan.

Il secondo testo è “La via crudele” (EDT) di Ella Maillart, che riporta anche un piccolo incidente che avvenne durante il loro breve soggiorno a Trieste: le due donne avevano comperato dei cappelli di paglia ma, una volta tornate alla macchina parcheggiata sulle Rive, Annemarie s'era accorta d'aver perso le chiavi dell'auto. Dopo aver cercato dappertutto erano tornate nel negozio di cappelli dove avevano ritrovato le chiavi, ch'erano cadute sul pavimento. Senza quelle chiavi non sarebbero andate molto lontano. La certezza della Maillart di poter “salvare” la compagna di viaggio da “se stessa” si rivela una presunzione oltre ogni limite, e le due donne si separano a Kabul.

Tornata nell’Europa in guerra Annemarie viene coinvolta nell’attività dell’Emergency Rescue Committee, organizzazione che salvò migliaia di fuggiaschi dal nazifascismo. Dopo un iniziale impegno attivo, la sua collaborazione si limita ad aiuti economici. Ormai Annemarie s'è trasferita negli Usa e vive nel Nantucket con Margot von Opel. A dicembre 1940, dopo una scenata di gelosia, tenta di uccidere la sua amante, viene internata in manicomio e poi estradata dagli Usa. La madre, che non ha mai accettato le sue scandalose scelte di vita, l’omosessualità, la droga, l’impegno anti-nazista e la scrittura, le impedisce di tornare a casa. Parte allora per il Congo Belga.

A settembre del 1942 mentre è di nuovo a Sils-Baselglia, cade da una bici che sta guidando senza mani, entra in coma e muore il 15 novembre 1942, a soli 34 anni. Tornata in possesso di quell’angelo ormai “devastato”, Renée Schwarzenbach fotografa il corpo della figlia ormai senza vita e ne brucia diari e manoscritti. —

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