Anna e le lacrime di neve

Undicesima e ultima puntata del filone dedicato a questo periodo dell'anno
Silvano Trieste 2018-11-29 Piazza Unita', l'accensione degli Alberi di Natale
Silvano Trieste 2018-11-29 Piazza Unita', l'accensione degli Alberi di Natale

TRIESTE Anna De Conti era nata nel gennaio del 1880. Sposata a Boschetti Daniele aveva avuto due figli: Pio e Rino. Daniele, Nêl, lavorava da stagionale nei boschi d’Austria da marzo a dicembre. Anna aspettava il suo ritorno con la pazienza generata dalla povertà che guidava la vita sui monti di Carnia. Era una donna fragile, ma caparbia, une femine di sest, una donna giusta. Aspettava il marito crescendo i figli, accudendo prati, campi, casa e animali. Il tempo trascorreva in un continuo operare, da scûr a scûr. Iniziava alle cinque di mattina e terminava con il buio, confezionando un nuovo paio di scarpets: si consumavano presto le calzature di velluto e pezza.

Nêl aveva scelto l’Austria dopo una stagione a Trieste, alla Stock. Vi era arrivato grazie all’amico Fregul un giramondo, persuaso di conquistare la signorina triestina conosciuta ad Arta Terme, lì per cure termali. Alla Stock preparavano le capienti botti per il Cognac Medicinal, ma i piani sentimentali crollarono. Fregul se ne andò e Nêl perse l’alloggio. Così l’anno successivo si decise per una sistemazione più sicura.

Anna, raccontava ai figli del lavoro di Nêl, in Austria, e assicurava che presto ci sarebbero stati dolci foresti. Ma quell’anno, il 1910, Nêl tardava. Anna non sapeva cosa pensare: un imprevisto, una disgrazia? Bussò alla porta dei compagni rientrati, ma nessuno le dava risposte. Fu Tonin a dirle che Nêl avrebbe passato le feste a Mauthen, nella casupola della Segheria. Aveva lavoro da fare e... aveva un’altra donna.

Bôn Nadâl mari. Le augurarono buon Natale i suoi ragazzi, lamentandosi appena per la mancanza dei dolci austriaci. Bon Nadâl, ripeteva tra sé Anna guardando in direzione del Passo di Monte Croce Carnico.

Fu un Natale difficile. Incertezza e precarietà giravano per casa come due padroni senza misericordia. Decise: doveva andare, doveva vedere, doveva ricordare a Nêl che una donna si poteva lasciare, ma non i figli. Il 3 gennaio 1911 dopo aver affidato i piccoli ad una vicina, partì a piedi per l’Austria. Arrivò a Paluzza, poi Timau, poi la salita, che porta al passo di Monte Croce, nevicava. Faticava a stare in piedi, aveva gli scarpets con la suola giusta ma la neve era troppa. Alzò lo scialle sopra la testa, la preghiera le faceva compagnia. La salute non era buona, la tosse l’accompagnava da tanto e l’artrite aveva confidenza con le sue ossa. Ma bastava non ascoltare ed era come non sentire. Tutti avevano un destino scomodo, la fortuna non aveva gambe allenate, faticava a camminare in salita e non arrivava che rare volte in montagna. Chissà cosa le avrebbe detto Nêl vedendosela comparire davanti. Non era un uomo tenero e non lo sarebbe stato neppure quella volta. Ecco, era già in terra d’Austria, al confine spiegò che andava a incontrare suo marito, Boschetti Daniele operaio a Mauthen. Le offrirono del caffè e la lasciarono passare. Aveva con sé una piccola ciacule con polenta e formaggio. Non si decideva a mangiare, doveva bastare anche per il ritorno ed era prudente aspettare. Arrivò a Mauthen. Da otto ore camminava, solo tre pause, il tempo per riprendere fiato. Ora era arrivata. Era quello il cantiere. Riuscì a farsi capire dal custode. Chiese quali di quelle casupole in legno fosse di Boschetti Daniele di Cercivento. Ma aveva già capito. Solo da un camino usciva il fumo. Anna bussò alla porta. Fu un’attesa corta che la lasciò senza parole. Una donna aprì e dietro apparve il suo Nêl. Le chiese cosa ci facesse lì e che se ne ritornasse immediatamente a casa. Volte i tacs e torne a cjase, raus. Anna non parlò. La testa bassa indicava che avrebbe obbedito. Se ne sarebbe andata in silenzio, portando via il suo amore ferito, la sua delusione, il suo futuro ballerino. Era già buio, era sfinita, triste, carica di malinconia, ma non voleva piangere. Suo marito continuava a dirle qualcosa ma non ascoltava. Sentiva il cuore battere, faceva chiasso, disturbava i pensieri. Ecco, era ora di tornare. Si sfilò la fede e gliela diede. Lui la prese aggiungendo ancora delle parole, ma Anna era già partita. Si girò a guardare. Forse Nêl stava arrivando, le avrebbe chiesto scusa, avrebbero trovato un riparo, si sarebbero sdraiati insieme e dimenticato. Invece c’era solo il buio e la neve cresceva. Doveva fermarsi, riposare, aspettare il giorno altrimenti non ce l’avrebbe fatta. A casa l’aspettavano Pio e Rino e lei doveva tornare. Si fermò sotto un grande pino. Era stata previdente aveva portato una coperta ma non bastava. Raccolse del frandei, del fogliame e si sdraiò. Cosa ne sarebbe stato della sua vita? Le sue preghiere chiedevano aiuto, le lacrime raccontavano la sua sofferenza alla neve. La solitudine si era sdraiata accanto a lei. Ma il giorno avrebbe portato di nuovo il sole, la neve si sarebbe fermata e lei avrebbe rivisto i suoi figli. L’aspettavano, avevano bisogno di lei e se la donna era ferita ed incerta, la madre sapeva cosa andava fatto. Il sonno venne a prendersela per un poco.

Buon Natale Anna. —

11. - continua




 

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