Andrea Illy: il futuro fra rischi e opportunità nell’era della deglobalizzazione strisciante

TRIESTE Se le defezioni dalla casa comune sono troppe, l’Europa crolla. È il rischio sotteso a quella che Andrea Illy definisce la «deglobalizzazione strisciante», ovvero la nuova fase geopolitica ed economica che il mondo ha appena iniziato ad attraversare, paragonabile a una transizione importante come ce ne sono state in altri periodi storici. È uno dei concetti espressi dal presidente di Illycaffè, nel corso dell’intervista pubblica rilasciata al vicedirettore del Piccolo Alberto Bollis nell’ambito del convegno “Top 500”.
Secondo Illy la globalizzazione, così come l’abbiamo conosciuta negli ultimi trent’anni, è una fase conclusa. All'origine del nuovo ciclo, quello appunto della «deglobalizzazione strisciante», vi è «la concorrenza cinese, che fa crescere le diseguaglianze e di conseguenza i sovranismi – ha spiegato –. La Cina, nonostante la sua crescita, detiene ancora infatti lo statuto di Paese in via di sviluppo. Quando Trump è stato eletto, i salari dei cittadini statunitensi non crescevano da 15 anni. L’ultimo eletto è Bolsonaro. E adesso si tenta di tirare giù Macron, probabilmente per mettere anche lì un sovranista». Ciò determina un «gioco tra le superpotenze – ha proseguito –. I rapporti tra Cina e Stati Uniti non subiranno un’evoluzione catastrofica, perché i due Paesi sono troppo interdipendenti. Lo stesso vicepremier cinese ha detto che ogni conflitto crea difficoltà inutili. Ci sono però molteplici motivi di frizione, non solo commerciali: il quadro è chiaro-scuro. Per esempio, il capo d’imputazione per spionaggio alla manager di una nota azienda ha fatto crollare le borse. Un’altra superpotenza è la Russia: per rimanere tale, deve indebolire le altre».
All’interno di un contesto generale così complesso, c'è da chiedersi quanto rischi l’Europa. Secondo l’imprenditore del caffè, il vecchio continente ne uscirà a testa alta solo se riuscirà a mantenere il ruolo di superpotenza mondiale, al pari di Usa, Russia e Cina. La via da percorrere, in tal senso, è «quella della “G-Europe”. La Germania è infatti la nostra vera superpotenza.
Se assumerà un ruolo di forte leadership, allora potrà trascinare con sé anche il resto dell’Europa: quest'ultima, in caso contrario, diventerà marginale. L’esito del processo sarà influenzato da due fattori: «La Brexit e le prossime elezioni europee. È possibile che, a seguito di questi eventi, l’Europa non si rafforzi. Anzi, potrebbe uscirne indebolita. Il pericolo, per l’Europa, è che suoi Paesi cedano alla tentazione di sottrarvisi, allo scopo di creare alleanze (o meglio: sudditanze) con le altre superpotenze. In quel caso il nostro continente sarebbe la prima vittima della deglobalizzazione strisciante».
Ma nonostante il quadro globale incerto, Andrea Illy continua a essere ottimista. L’imprenditore d’altronde - annota - lo è per definizione: ne ha scritto pure nel suo ultimo libro, “Italia felix”. «Se si racconta agli italiani che sono in difficoltà, inizieranno a sentirsi così – prosegue Illy –. Il cattivo umore è contagioso. Il senso della vita passa invece attraverso atti creativi: biologici, culturali, tecnologici oltre e imprenditoriali. Nel dopoguerra siamo diventati potenza mondiale, pur facendo i conti con l’instabilità dei governi. Poi, negli anni Duemila, la nostra competitività è stata colpita. Imprese familiari e banche locali; produzione manifatturiera a basso costo; compartecipazioni statali; il ruolo di Mediobanca: tutto ciò è venuto a mancare contemporaneamente. Sono seguite le crisi del dollaro e quindi dell’euro. Eppure siamo la settima potenza mondiale: direi che ce la siamo cavata benissimo».
Nemmeno qui, però, mancano i rischi. «Reddito di cittadinanza, quota 100: le politiche sociali vanno bene se ci sono le coperture. Se si vuole aumentare il welfare, bisogna aumentare le entrate con la crescita economica. Se si aumenta la pressione fiscale, infatti, l’economia è condannata. Occorrerà essere attenti a quel che accadrà nei prossimi mesi. In questo clima di profonda incertezza, “mai più investimenti in Italia” è il nuovo mantra dei capitali stranieri. Rischia di essere una profezia che si autoavvera».
Il colloquio si è chiuso con uno sguardo al futuro. «L’ecosistema industriale della Silicon valley è il più competitivo al mondo: funziona a bassa intensità di capitale, su base solidale, e in pochi sanno che è di ispirazione italiana - così Illy -. Questa è la direzione da intraprendere. Trieste, nello specifico, ha un potenziale straordinario, grazie alla compresenza di più ecosistemi industriali: da quello logistico-portuale a quello della ricerca scientifica, passando per il turismo». Non è mancato un accenno a illycaffè, che ha appena concluso il rinnovamento della governance mantenendo intatta la propria strategia. In conclusione, per l'imprenditore «è in corso una transizione verso un nuovo mondo, come fu all’epoca per il Rinascimento. Il paradigma dello sfruttamento delle risorse sarà sostituito da quello della rigenerazione: l’economia sarà più circolare, anche grazie alla tecnologia. Sono molto fiducioso. Rischiamo antropologicamente di non essere capaci di assorbire la tecnologia che stiamo costruendo. Scherzo solo parzialmente quando dico che dovremo metterci dei chip nella testa, per riuscire a tenere a bada i robot che nel frattempo avremo creato». —
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