Andrea Bussani, da oltre vent’anni al servizio della squadra. «E mi diverto ancora...»

TRIESTE. Quattro promozioni conquistate sul campo in poco più di vent'anni fanno di Andrea Bussani una delle memorie storiche della Trieste che respira basket. Dal 1997 al 2007, dieci stagioni vissute intensamente poi, dopo la breve parentesi con la Snaidero, il ritorno a casa per vivere a fianco dei protagonisti la scalata dalla serie B che ha regalato alla città la gioia del ritorno nella massima serie. Ruolo ufficiale: massaggiatore. In realtà molto di più perchè "Bus", per la società, rappresenta l'anima di quello staff tutto triestino che negli anni è stato il grande segreto dei successi biancorossi.
IL PRIMO APPROCCIO: «La mia prima stagione, nel 1997/1998, con la Genertel di Cesare Pancotto. Gruppo eccezionale, squadra solida. Dominiamo il campionato finchè la sorte non decide di metterci lo zampino. In quella serie A2 gli stranieri facevano la differenza e noi ne avevamo di eccezionali. A Sassari, però, la dea bendata si distrae un attimo e il ginocchio di Thomas si rompe. Ricordo ancora oggi, a più di vent'anni di distanza, le urla disperate di Irving. Cambiamo in corsa, prendiamo Ed O'Bannon. Talento puro ma non quello che ci serviva. Ai play-off ci arrendiamo alla maggior concretezza di Gorizia e salutiamo la serie A.
Ci rifacciamo l'anno dopo quando, con Frank Garza a comandare, viviamo una stagione da protagonisti. Le perplessità sulla solidità della società ci accompagnano nel corso dei mesi ma per fortuna riusciamo a isolarci e pensare solo alla pallacanestro. Garza sparisce nel nulla, Alibegovic prende in mano la situazione e mettendoci soldi di tasca sua, ci permette di finire la stagione. Finiamo in gloria, a Chiarbola, contro Livorno. La prima promozione è qualcosa che non posso dimenticare».
GLI ANNI DELLA SERIE A: «Un concentrato di emozioni, ricordi e personaggi che in modo diverso hanno caratterizzato quelle stagioni. Il primo anno con Luca Banchi centriamo i play-off con un gruppo che aveva saputo unire qualità tanto diverse. Dalla concretezza di Rowan alla positiva follia di McRae. Di Conrad ho ricordi meravigliosi, una persona fantastica, generosa come poche ho conosciuto nel nostro mondo. Aveva programmato le nozze l'11 agosto del 2000. Non ce l'ha fatta, l'infarto che lo ha ucciso lo ha portato via prima. Troppo presto, non aveva neppure trent'anni. Negli anni si sono succeduti personaggi dalle caratteristiche molto diverse. Nate Erdmann un talento clamoroso: non fosse stato pigro avrebbe potuto ambire a palcoscenici ben diversi, Sharif Fajardo un bellissima persona, gentile ed educata. Di lui ho ancora oggi un bellissimo ricordo.
IL FALLIMENTO: «Momenti indimenticabili le stagioni con Pancotto sulla panchina, su tutti la vittoria contro la Virtus vstellare di Griffith e Ginobili. Battendoci Bologna supera i Lakers e fa suo il record di imbattibilità ogni tempo. E invece giochiamo una partita incredibile e con un Gurovic inarrestabile fermiamo a 33 la striscia positiva delle VU nere. Ricordo l'espressione di Messina alla fine della partita, era infuriato. Gli anni con Cesare ci hanno regalato grandi soddisfazioni, tutto finito con il fallimento che ha cancellato con un colpo di spugna gioie e dolori di un percorso incredibile».
LA RIPARTENZA: L'estate del 2004 ripartiamo dalla B2. Uno staff in cui, assieme a Steffè allenatore, Sbisà team manager e Paoli preparatore atletico manteniamo le vecchie abitudini. Ci alleniamo due volte al giorno ma il lavoro paga. Alla fine corriamo il doppio degli altri. Venezia prova a fermarci ma torniamo in B1 al primo tentativo. E' la seconda promozione.
CASA SNAIDERO: «Lascio Trieste nel 2007, decisione sofferta. Mi chiamano Pancotto e Ghiacci a Udine, lavorare con la Snaidero vuol dire ritrovare la serie A. Sono stati due anni che mi hanno consentito di conoscere giocatori eccezionali. Due nomi? Su tutti direi Jerome Allen e Mike Penberthy».
IL RITORNO: «Resto fermo nel 2009, rientro con la pallacanestro Trieste l'anno dopo. Partiamo senza grandi ambizioni poi, nel 2012, un gruppo eccezionale costruisce il capolavoro della promozione. In quella stagione un episodio divertente. Con la coppia Comuzzo-Praticò squalificata mi ritrovo a vivere tre partite in maniera diversa dal solito. Normalmente sono relegato in fondo alla panchina, fungo da assistente aggiunto e vinciamo tre partite su tre. Arriviamo fino in fondo, falliamo con Ferentino ma centriamo il ritorno in A2 contro Chieti. Poi la storia degli ultimi anni segnata dal ritorno di Cavaliero.
Per chi come me, che lo ha visto bambino in via Locchi, vederlo tornare a casa e scoprirlo protagonista nella partita della promozione è stata una soddisfazione unica. Unica come tornare a respirare l'aria della serie A e ritrovare un'intera città felice. Se dopo più di vent'anni continuo a considerare il lavoro nella pallacanestro Trieste un divertimento e un grande privilegio il merito è della magia che si è creata attorno a questa squadra». —
Riproduzione riservata © Il Piccolo