Andolina: "Mi sono iniettato le staminali e sono guarito"
La confessione del pediatra del Burlo: "Ho debellato una malattia cronica, è la via per la medicina del futuro"
Ospedale Burlo
TRIESTE.
«Io non faccio ad altri quello che non farei a me stesso. Mi sono iniettato le mie stesse cellule staminali, prelevate nella clinica torinese ”degli orrori”. E dopo 20 giorni sono guarito da una malattia cronica che mi intristiva la vita». Marino Andolina, il medico dei trapianti del Burlo Garofolo nella tempesta per l’indagine che ha coinvolto la «Stamina foundation» di Torino e il suo fondatore, lo psicologo Davide Vannoni, legati da specifica convenzione con l’ospedale pediatrico proprio per mediazione dello stesso Andolina che è nel comitato scientifico, fa questa confessione.
E aggiunge, rispondendo a chi indaga ma anche a chi contesta la validità della cura con le cellule staminali: «Perché un moribondo non può ricevere una terapia innocua, per mal che vada inutile, perché bisogna aspettare che qualche Solone dia l’okay? Vannoni (e io) riteniamo che le staminali debbano essere usate già oggi in una moltitudine di pazienti che non possono aspettare la fine delle ”ricerche precliniche” (se si usano subito in clinica - insinua Andolina - dove vanno i soldi per la ricerca di laboratorio?)». A queste ricerche, non ancora positivamente concluse, faceva riferimento Mauro Giacca, direttore dell’Istituto di biotecnologie e ingegneria genetica, parlando di «truffe scandalose» da parte di chi promette «terapie miracolose quanto inesistenti».
Invece Andolina è sicuro: «Abbiamo l’evidenza - afferma - che nei prossimi anni almeno metà delle malattie di interesse sociale, autoimmuni come l’artrite, il Crohn, la celiachia, il lupus, il diabete giovanile, la sclerosi multipla eccetera, e genetiche come centinaia di malattie ”rare”, progressive e invalidanti, saranno curate con le staminali».
Ma mentre il Burlo vuol vederci chiaro, soprattutto perché Andolina ha portato in ospedale un anziano paziente mentre la convenzione con Stamina era ristretta a ricerche di laboratorio senza coinvolgimento di malati, il medico vuol fare al contrario chiarezza su questo miscuglio di strani elementi finiti, proprio su denuncia della famiglia di quell’anziano deceduto, al vaglio della magistratura.
E lo fa serenissimamente, anche se i vertici del Burlo sono in allerta. Il direttore generale Mauro Delendi rimanda le conclusioni ma ribadisce: «Motivi compassionevoli per somministrare staminali? Non c’entrano con la ricerca, se si hanno motivi compassionevoli bisogna comunque passare per il Comitato etico. Ci sono regole, contratti e deontologia».
Andolina invece, turbato dall’inchiesta (peraltro, dice, già chiusa) innescata dal dubbio della famiglia che quell’uomo sia morto perché gli furono innestate cellule staminali di «mucca pazza», ricomincia la storia dal principio: «Davide Vannoni, non laureato in Medicina ma docente di ”scienze cognitive” e autore di libri sul tema di cui non capisco neanche i titoli, con un ”call center” che lavora per la Regione Piemonte e dove non si fa nulla di sanitario, dopo essere stato curato in Ucraina con staminali si è appassionato del problema, finanziando generosamente (è ricco di famiglia) ricerche in tutta Italia: finora circa 200 mila euro dalle sue tasche. Dopo il ”viaggio della speranza” Vannoni ha deciso di indirizzare più pazienti possibile in centri dove queste cure si possono fare».
Quanto all’anziano, «non aveva la mucca pazza, era stato a San Marino dove dicono che abbia pagato, lo accettai (gratis) di domenica per non interferire col servizio dell’Ematologia-Trapianti: a me non costava niente perché da 25 anni lavoro tutte le domeniche (quando non sono in guerra), quando lo vidi mi venne un colpo e stavo per rifiutarlo, dissi: ”Non è che questo povero vecchio mi muore di vecchiaia proprio oggi?”. Poi ebbi pietà di lui e accettai di curarlo con le staminali. Non è vero che tornò subito a casa: rimase una notte in pensione a 50 metri dal Burlo, col mio numero di telefono in tasca e col sottoscritto reperibile costantemente». Insomma, conclude Andolina, «non è successo niente, ma lo scandalo è stato enorme».
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