Anche il Fisco certifica la crisi a Gorizia

La Commissione tributaria regionale dà ragione a una commerciante pizzicata dall’Agenzia delle entrate: «Città depressa. Non si può pensare che un negoziante possa guadagnare come a Milano»
Di Francesco Fain

Gorizia città depressa economicamente. «Si sapeva già», potrebbe opinare qualcuno. In realtà, a certificarlo è la Commissione tributaria regionale di Trieste, sezione ottava, che ha dato ragione a una commerciante goriziana riguardo ai contestati studi di settore che continuano ad equiparare la situazione della nostra città a quella, per esempio, di Milano. Via Rastello, insomma, uguale a via Montenapoleone.

Perché è importante questa sentenza? Perché può diventare un precedente importante che “fa” giurisprudenza. Semplifichiamo la vicenda al massimo, con l’aiuto del commercialista Claudio Polverino che ha assistito la commerciante in questa importante vittoria. Tutto nasce da un accertamento dell’Agenzia delle entrate di Gorizia che ha ritenuto «incongrui», attraverso gli studi di settore, i ricavi di una negoziante. Questa si è immediatamente appellata alla Commissione tributaria provinciale, ravvisando che non si possono applicare a Gorizia gli stessi studi di settore vigenti a Milano e in altre metropoli del Nord. L’attività accertativa dell’amministrazione finanziaria è, infatti, continuata secondo standard che paiono ancorati ad una situazione economica ante-crisi, con un numero di accessi e verifiche decisamente elevato e, in particolare, con un utilizzo (almeno apparentemente) acritico dello strumento degli studi di settore. Questi ultimi, infatti, continuano a raggiungere un gran numero di operatori economici (non soltanto commerciali, ma anche artigianali, piccolo industriali, etc), rilevando differenze fra i ricavi dichiarati e quelli calcolati in base agli algoritmi statistici elaborati dall’amministrazione che, nella maggioranza dei casi, sono completamente svincolate dalla realtà, ponendo pertanto gli imprenditori raggiunti da tale tipo di accertamento nella paradossale situazione di dover giustificare livelli di produzione di ricavi che l’amministrazione ritiene non attendibili mentre rappresentano il risultato di grandi fatiche per poter continuare a restare sul mercato.

La Commissione provinciale ha riconosciuto la bontà della contestazione e ha dato ragione alla commerciante. Ma l’Agenzia delle entrate si è allora appellata alla Commissione tributaria regionale. E questa ha sentenziato: «L’appello è infondato in quanto la decisione dei primi giudici appare esente da censure essendovi - si legge nella sentenza - plurimi elementi atti a far ritenere lo scostamento contabile del tutto giustificato». Si cita «l’effetto depressivo sulle vendite prodotto non solo dall’ubicazione dell’esercizio commerciale ma anche dal mutamento delle condizioni del mercato per la presenza della grande distribuzione e per il calo della clientela proveniente dalla vicina Slovenia a seguito dei radicali mutamenti intervenuti nel Paese d’oltreconfine». Aggiunge la Commissione tributaria regionale: «Appare del tutto da condividere la considerazione che lo studio di settore riguarda l’interno centro-nord d’Italia e non prende in considerazione - si legge ancora nella sentenza - la particolare situazione di una città di confine come Gorizia con le peculiarità del caso concreto che certamente giustificano il contenuto scostamento verificatosi».

Ergo, via Rastello non è come via Montenapoleone: il volume degli affari non può essere lo stesso. «Perché Gorizia va ritenuta una città depressa e gli studi di settore ricalibrati», conclude il commercialista Polverino.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Argomenti:crisifiscalità

Riproduzione riservata © Il Piccolo