Anche a Trieste i poveri sono in aumento
All’ improvviso ritrovarsi a vivere con solo un assegno di disoccupazione. È quanto accaduto a Kostas Tsapogas, giornalista ateniese, rimasto disoccupato assieme alla moglie dopo aver lavorato per 23 anni in un giornale greco che nel dicembre del 2011 ha chiuso i battenti per problemi economici. In un articolo racconta com’è cambiata la loro vita da quando hanno incominciato a vivere con il solo assegno di disoccupazione che ad oggi corrisponde ad un terzo del loro precedente stipendio. La loro giornata è uguale a quella di migliaia di altri greci che ogni giorno combattono per avere cibo sufficiente, per non cadere vittime della depressione e per cercare di mantenere intatta la loro dignità preoccupandosi di avere comunque una casa sufficientemente calda e confortevole.
Tutte cose apparentemente semplici salvo nel momento in cui la possibilità di trovare lavoro diventa, per i disoccupati, di giorno in giorno sempre più difficile. Nonostante tutto, Kostas e la moglie si ritengono fortunati. Possiedono ancora una casa, i loro anziani genitori stanno ancora bene, e nonostante la tristezza per la lontananza del loro figlio, sono soddisfatti che almeno lui abbia trovato lavoro come ingegnere in Scozia. Come lui, la disoccupazione ha costretto, nell’ultimo anno, molti ragazzi laureati e diplomati a emigrare all’estero. (The New York Times, 14/2/2013 – Kostas Tsapogas).
Quello di Kostas Tsapogas è solo un esempio di quanto sta accadendo in questi ultimo anno da quando la crisi economica ha colpito pesantemente alcuni paesi dell’Europa. In passato, si era portati a pensare che, in linea generale, la povertà fosse più elevata nelle aree rurali che in quelle urbane in quanto nelle città si riteneva ci fossero maggiori opportunità di lavoro e quindi di reddito. Sull’argomento, i dati più aggiornati che abbiamo in Italia sono del 2011, ma l’impressione, leggendo i giornali e guardando la televisione, è che la situazione si sia pesantemente aggravata proprio nel 2012.
Ad oggi, la soglia di povertà relativa, per una famiglia composta da due persone, è pari a 1.011,03 euro. Dalle statistiche risulta che in Italia l'11% delle famiglie è relativamente povero mentre il 5,2% lo è in termini assoluti. La povertà è aumentata dal 40,2% al 50,7% per le famiglie senza disoccupati o pensionati e dall'8,3% al 9,6% per le famiglie composte essenzialmente da pensionati, in particolare se anziani soli e in coppia. Tra queste ultime aumenta anche l'incidenza di povertà assoluta (dal 4,5% al 5,5%). L'incidenza di povertà assoluta cresce anche tra le famiglie con a capo una persona con profili professionali e/o titoli di studio bassi come, ad esempio, famiglie di operai (dal 6,4% al 7,5%), con licenza elementare (dall'8,3% al 9,4%) o di scuola media inferiore (dal 5,1% al 6,2%).
A fronte della stabilità dei dati della povertà relativa al Nord e al Centro, nel Mezzogiorno si osserva un aumento dell'intensità della povertà relativa che passa dal 21,5% al 22,3%. In questa parte d’Italia, la spesa media equivalente delle famiglie povere si attesta a 785,94 euro contro gli 827,43 e 808,72 euro del Nord e del Centro Italia (Repubblica).
I dati resi noti dalla Caritas, così come ci spiega Marco Aliotta che ha coordinato il gruppo di lavoro per il Report 2012, ci dicono che se fino a due anni fa si rivolgevano alla associazione il 75% di residenti e il resto di non residenti, ora la percentuale di residenti raggiunge il 95% e di questi la maggioranza sono italiani (50,8%).
Ma guardiamo adesso anche Trieste per illustrare bene cosa intendiamo per povertà nascosta. Pure qui, secondo un articolo apparso recentemente sul Piccolo, siamo alla saturazione dei residenti che si rivolgono alla Caritas. E questa è, insieme alla percentuale dei nuovi ingressi, la dimostrazione che la povertà si sta radicando anche nel territorio. Infatti, per la prima volta, la maggioranza (26,9%) dichiara di avere un problema di indebitamento collegato ad arretrati di utenze, affitti, mutui per la casa e prestiti.
In forte aumento sono anche coloro che non possiedono nemmeno le garanzie minime per ottenere un prestito. A chiedere aiuto sono per lo più donne (55%) con un’età media di 48 anni. Altro dato significativo è rappresentato dal numero di persone che si sono rivolte alla mensa del refettorio “Giorgia Monti” di Trieste. Nel giro di un anno sono salite da 671 (2010) a 819 (2011). Altro dato inquietante, sempre a Trieste, sono i minori che per la prima volta rappresentano la maggioranza delle persone accolte alla Casa di accoglienza “La Madre”.
Sempre in relazione all’espansione del fenomeno dell’emarginazione e della povertà nascosta ricordiamo poi un altro aspetto: il “piano anti-freddo” per i senzatetto gestito in convenzione con il Comune. Il piano, in questi ultimi anni, sta coinvolgendo in modo esponenziale sempre più persone bisognose di rifugio durante l’inverno o quando le condizioni meteorologiche diventano inclementi .
A proposito di tutte queste iniziative, forse non tutti noi siamo consapevoli che la maggioranza di questi servizi sono gestiti oggi con il fondamentale contributo del volontariato. Volontariato che il Vescovo di Trieste ama definire come un “momento di grazia per la Chiesa e la nostra società”.
E sempre a questo proposito, il direttore della Caritas diocesana don Roberto Pasetti, tiene a ricordarci come la rete di volontariato sia essenziale e come solo il 10% degli operatori del settore sia costituito da soggetti pagati. Per gli amanti dei numeri ricordo che i volontari coinvolti in queste attività sono 167 per un totale di 22mila 500 ore di lavoro all’anno.
Vasco Rumiz
Classe 4.a D
Liceo G. Deledda
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