Anche a Gorizia arriva la panchina anti-barbone
L’hanno ribattezzata “panchina anti-barboni” perché, al posto di avere i braccioli alle due estremità, ne ha uno solo, centrale, che impedisce a chiunque di straiarcisi sopra. Da giovedì, due di queste panchine - che stanno spopolando, con il loro strascico di polemiche, in svariate città italiane - hanno fatto la loro comparsa anche a Gorizia e precisamente sotto le pensiline delle fermate del bus di fronte all’ospedale San Giovanni di Dio.
Chi pensa a un nuovo caso-Trieste, però, dove il taglio delle panchine di piazza Venezia in funzione anti-senzatetto era salito alla ribalta nazionale, è fuori strada. Quella goriziana è invece una storia di degrado ed esasperazione che si trascina ormai da molti anni e che vede protagonista un 37enne che, pur avendo una famiglia, una pensione e un tetto dove stare, ha scelto la vita di strada.
Una scelta che, però, non sempre è stata accompagnata da comportamenti rispettosi delle normali regole di convivenza civile. Tre anni fa erano stati addirittura i frati Cappuccini a “sfrattarlo” dal sagrato della chiesa di Santa Maria Assunta, posizionando dei pesanti vasi sotto il porticato per impedirgli di accamparsi: una decisione sofferta, arrivata dopo aver più volte offerto aiuto all’uomo, che per tutta risposta continuava a espletare a cielo aperto i suoi bisogni e a sporcare la piazza.
Dopo aver cambiato più volte dimora, ultimamente l’uomo aveva scelto di accamparsi sotto la pensilina del bus, impedendo così agli altri utenti (tra cui i molti anziani che quotidianamente si recano all’ospedale con i mezzi pubblici) di sedersi e trovare riparo in caso di pioggia. Una situazione ormai insostenibile che si è tradotta in una pioggia di segnalazioni all’Apt che, sollecitata anche dal Comune, ha deciso di intervenire. Al posto dei vasi di fiori, è arrivata la panchina col divisorio: «In molti ci hanno segnalato la mancata possibilità di usufruire della panchina, soprattutto in un’area così strategica come quella dell’ospedale - spiega l’ingegner Giulio Salateo dell’Apt -. Anziché toglierla e privare gli utenti di un servizio abbiamo optato per una soluzione già adottata in altre città. Il tutto senza voler polemica o del male a qualcuno».
Se il caso-ospedale sembra così risolto, la questione rimane aperta, visto che il clochard ha semplicemente spostato il suo giaciglio in un’altra zona della città. Il Comune, però, ha le mani legate: «Non possiamo fare niente - conferma l’assessore alle Politiche sociali Silvana Romana -. Non si tratta di una situazione di indigenza, perché la persona in questione ha una casa, una famiglia e riceve una pensione ogni mese. La legge italiana dice che non possiamo intervenire in alcun modo».
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