Amianto, referti non segnalati: assolto Barbina
MONFALCONE Assolto con formula piena. È questa la sentenza pronunciata venerdì, al Tribunale di Gorizia, dal giudice Gianfranco Rozze, dopo un’ora e un quarto di Camera di Consiglio, nei confronti del dottor Paolo Barbina, attuale direttore del Centro unico regionale per l’amianto situato all’ospedale San Polo.
Il medico era imputato di «omessa denuncia» per non aver comunicato, o comunque ritardato, di denunciare all’Autorità giudiziaria le segnalazioni di 253 casi di morte per malattia professionale, legata alla sospetta causa di amianto. I periodi indicati dalla Procura erano quelli dal primo aprile 2009 al 30 giugno 2012 e dal primo gennaio 2013 al 19 maggio 2013. All’epoca Barbina ricopriva l’incarico di dirigente medico, pubblico ufficiale e ufficiale di Polizia giudiziaria, responsabile dalla Struttura operativa complessa Uopsal, in seguito divenuta Socpsal. Nell’ambito dello stesso procedimento rientravano anche pregresse «segnalazioni omesse» da colleghi che avevano preceduto il medico e per le quali sono intervenute le prescrizioni e le archiviazioni.
L’allora pubblico ministero, Valentina Bossi, aveva contestato l’«impedimento di fatto alla Procura di procedere con le indagini preliminari relativamente ai casi di malattia professionale in questione», e di «gravi ritardi per le indagini» per altri casi pregressi di malattia professionale, di varia natura, sostenendo che per diverse posizioni era decorsa la prescrizione.
Accuse, dunque, pesanti. Il pubblico ministero subentrato nel procedimento, Andrea Maltomini, aveva richiesto la pena di un anno e sei mesi.
La sentenza pronunciata venerdì ha invece cancellato, con un colpo di spugna, l’intero castello accusatorio nei confronti del dottor Barbina.
L’assoluzione con formula piena, infatti, non lascia margini di interpretazione circa le responsabilità contestate in ordine all’operato del medico. Perchè il giudice si è convinto che non sia stato leso alcun diritto, nè ritardato alcun procedimento di indagine, sarà chiarito nelle motivazioni alla sentenza per le quali il magistrato si è riservato 90 giorni.
Si tratta di una sentenza significativa, per un procedimento delicato chiamando in causa un tema come quello delle morti di amianto.
Sul tappeto, dunque, le segnalazioni all’Autorità giudiziaria. Una questione che richiama al cosiddetto “Protocollo Deidda”, il quale contempla l’invio di tutte le pratiche relative ai decessi dovuti a sospetta malattia professionale alla Procura di Gorizia. Un protocollo sul quale la difesa, rappresentata dall’avvocato Riccardo Cattarini, aveva puntato al processo, ricorrendo anche alle testimonianze rese dagli ex direttori generali dell’allora Ass 2 Isontina, Ferri e Cortiula.
Il processo di fatto ha chiamato in causa la gestione delle malattie per esposizione da amianto della stessa Azienda sanitaria. Sullo sfondo emerge un contesto metodologico per il quale la Procura goriziana ha assunto una visione diversa proprio circa la gestione dei procedimenti per amianto.
Saranno, comunque, le motivazioni alla sentenza a spiegare le effettive ragioni che hanno indotto il magistrato a stabilire la piena assoluzione per il dottor Barbina.
Il medico, rappresentato dall’avvocato Cattarini, non senza evidente sollievo, si è limitato a osservare: «Ho sempre avuto fiducia nella magistratura e ho sempre pensato di aver agito correttamente».
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