Amianto, l’Appello conferma le pene

MONFALCONE Condanne sostanzialmente confermate dalla Corte d’Appello per il maxi-processo amianto, celebrato al Tribunale di Gorizia. È stato riconosciuto l’impianto accusatorio anche in sede di secondo giudizio. Il primo grado aveva sancito, il 14 ottobre 2013, una pena complessiva di 56 anni e 6 mesi a carico di tredici ex dirigenti dell’ex Italcantieri. Ottantacinque le parti lese. Lavoratori deceduti a causa dell’esposizione all’amianto.
La sentenza pronunciata l’altro ieri dalla Corte a Trieste, presieduta dal giudice Igor Maria Rifiorati, dopo cinque ore di Camera di Consiglio, ha dato corpo e spessore a quanto già stabilito in primo grado. Tanto che il procuratore capo della Procura di Gorizia, Massimo Lia, ieri ha osservato: «La sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Trieste è importante. È stato riconosciuto l’impianto accusatorio, ritenuto valido, in ordine al procedimento di primo grado. Merito del lavoro e dell’impegno profusi dai nostri magistrati. Entrambi i giudizi di merito hanno inquadrato negli stessi termini le valutazioni giuridiche».
Per la Procura goriziana le morti di amianto continuano “a chiedere” giustizia. Un dato in particolare dà la misura della portata di un drammatico fenomeno, ancora lontano dalla fase discendente. Allo stato attuale sono circa 200 i procedimenti in fase di istruttoria. A settembre, invece, entrerà nel vivo il procedimento recentemente unificato. È, inoltre, pendente in Appello la sentenza del secondo procedimento di primo grado, emessa dal Tribunale di Gorizia.
Intanto si profilano altri processi nei prossimi mesi, a fronte di una sessantina di persone offese. È una sorta di penosa “catena di morte” per la quale dover garantire il diritto di giustizia in tempi utili ad evitare il rischio-prescrizione. L’autorità giudiziaria, del resto, a Gorizia è alle prese con notifiche e comunicazioni in ordine ai casi di amianto pressochè quoditiane. Il tormento di una comunità che rieccheggia nelle aule del tribunale senza soluzione di continuità.
Tornando alla sentenza dell’altro ieri, a fronte di 12 ex dirigenti dell’ex Italcantieri per i quali è stata impugnata la sentenza di primo grado, è stata dichiarata l’«inammissibilità» dell’appello proposto da Vittorio Fanfani, e altresì l’«inefficacia» dell’appello incidentale proposto dal procuratore generale. È stato quindi dichiarato il non doversi procedere nei confronti di Livio Alfredo Minozzi e Glauco Noulian, per intervenuto decesso. Per sei degli altri nove imputati la Corte ha rideterminato la pena, in virtù dello stralcio di 11 posizioni di parte lesa, i primi lavoratori per i quali è intervenuta la prescrizione. Pene lievemente ridotte. A carico di Manlio Lippi sono sette anni rispetto ai 7 anni e 6 mesi; di Giorgio Tupini sei anni rispetto ai 6 anni e 6 mesi; di Enrico Bocchini sei anni e due mesi rispetto ai 6 anni e 4 mesi. E ancora, per Corrado Antonini la condanna è stata di 4 anni e 2 mesi, per Mario Abbona 4 anni e per Roberto Schivi 2 anni e 2 mesi. La Corte d’Appello ha inoltre confermato il risarcimento alle parti civili, rappresentate dalla Regione Fvg, dalla Provincia di Gorizia, dalla Fiom Cgil, dall’Inail, dal Codacons e dall’Associazione esposti amianto. Escluso invece il Comune di Monfalcone, in virtù dell’accordo extragiudiziale con Fincantieri a fronte della rinuncia alla costituzione di parte civile ai processi amianto. Il Collegio delle difese ha da parte sua preannunciato ricorso in Cassazione. Chiara Paternoster, dell’Aea di Monfalcone, ha dichiarato: «Abbiamo accolto la sentenza della Corte di Appello con soddisfazione. L’impianto accusatorio ha retto anche in secondo grado. Esprimo il rammarico per le posizioni stralciate per intervenuta prescrizione, relative al periodo dal 1998 al 2008».
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