Amianto, condannato il Comune di Monfalcone
A Monfalcone ad ammalarsi di amianto ci sono ora anche i dipendenti comunali e non solo migliaia tra cantierini, portuali, lavoratori della centrale termoelettrica e dell’Ansaldo, madri e mogli che dovevano lavare i “terliz” impregnati di fibre. L’amianto era d’altra parte un materiale dalle prestazioni eccezionali e quindi impiegato ovunque. Senza che, però, anche quando ormai se ne conosceva la pericolosità, fossero adottate le misure utili a proteggere i lavoratori. È quanto è accaduto anche a un ex tecnico del Comune di Monfalcone, in pensione ormai da 15 anni.
Il giudice del Lavoro di Gorizia, al quale l’ex lavoratore si è rivolto per vedersi riconosciuto il danno biologico provocato dall’esposizione, ha stabilito che la presenza di placche pleuriche bilaterali sono state provocate dal mancato utilizzo di tutte le misure utili a evitare l’assunzione di fibre di amianto nello svolgimento delle mansioni assegnate. Nello specifico, la direzione lavori in cantieri di opere progettate e avviate dall’ente locale tra il 1965, anno dell’assunzione, e il settembre 1998, data del pensionamento. È questa la conclusione alla quale giunge il giudice del Lavoro del tribunale di Gorizia Barbara Gallo, nella sentenza definitiva depositata alla metà dello scorso gennaio. Il giudice si è espresso a fronte della perizia medico-legale effettuata dal Consulente tecnico d’ufficio incaricato, le cui conclusioni risultano “sorrette da adeguate valutazioni tecniche che nessuna delle parti ha saputo fondatamente contestare in radice”. Nemmeno il Comune di Monfalcone, quindi, alle cui dipendenze il lavoratore ha subito “un’esposizione non occasionale all’amianto, essendo indimostrate eventuali esposizioni extraprofessionali, confermata appunto dalla presenza di placche pleuriche e dall’assenza di altre cause patologiche dell’alterazione pleurica riscontrata”. Il giudice ha quindi accolto il ricorso dell’ex dipendente comunale e la richiesta di risarcimento del danno biologico subito, in tutto poco più di 7mila euro, cui si aggiungono però 5.700 euro delle spese legali sopportate e circa 500 euro della spesa per la consulenza medico-legale d’ufficio. Importi che rappresentano per l’attuale amministrazione un debito fuori bilancio rispetto al quale il Consiglio comunale è stato chiamato a esprimersi, come previsto per legge. È stato solo grazie a questo passaggio obbligato che la vicenda è venuta alla luce.
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