«Amianto all’Arsenale, processate i sei ex dirigenti di Fincantieri»

La richiesta di rinvio a giudizio da parte del pm Matteo Tripani: 27 i lavoratori che morirono uccisi dal mesotelioma pleurico tra il 2003 e il 2012. Il 5 giugno l’udienza davanti al gip
Di Corrado Barbacini

Ventisette lavoratori furono uccisi tra il 2003 e il 2012 dall’amianto che avevano inspirato negli anni mentre erano al lavoro sulle navi all’Arsenale triestino, società poi acquisita dalla Fincantieri e divenutane parte integrante.

Per queste morti il pm Matteo Tripani, che ne ha richiesto il rinvio a giudizio, ha puntato il dito contro i vertici della società. I capi conoscevano fin dagli anni Settanta la pericolosità dell’amianto e nulla hanno fatto per impedire che venisse utilizzato; e neppure hanno informato dei danni causati dall’esposizione e della pericolosità per la loro salute i lavoratori che riparavano le navi nel bacino. L’udienza davanti al gip Guido Patriarchi è stata fissata per il prossimo 5 giugno.

La morte dei ventisette lavoratori (tubisti, impiegati, tracciatori, picchettini, meccanici, elettricisti, carpentieri, saldatori) è stata causata da mesotelioma pleurico, tumore che ha un tempo di latenza molto lungo. Il primo si è spento il 5 settembre 2007, l’ultimo il 19 agosto del 2012. Secondo il pm Tripani la malattia è derivata dall'esposizione all’amianto e dai mancati accorgimenti di sicurezza che invece i dirigenti dello stabilimento - in qualità di legali rappresentanti di Arsenale Spa e e di Fincantieri - avrebbero dovuto garantire. E non lo hanno fatto.

Sono accusati di omicidio colposo Manlio Lippi, 89 anni, che risiede a Monfalcone ed è stato dal 25 settembre 1982 al 30 giugno 1984 presidente del consiglio di amministrazione della società Arsenale Triestino San Marco, nonchè amministratore delegato; Andrea Cucchiarelli, abitante a Trieste, 82 anni, che ha ricoperto l'incarico di condirettore generale dal 3 dicembre 1971 al 29 giugno 1982; Corrado Antonini, abitante a Roma, ex presidente di Confindustria Trieste, che dal 1984 in poi in Fincantieri ha ricoperto vari ruoli di vertice, da direttore generale ad amministratore delegato e poi dal 1994 presidente. Sotto accusa per lo stesso reato anche Enrico Bocchini, residente a Cesena e presidente del cda di Fincantieri dal 9 luglio 1985, e anche i due direttori che si sono alternati all'Arsenale: Giuseppe Sassi, 65 anni, abitante a Trieste, responsabile dal primo gennaio 1987 al 28 febbraio 1990 e infine Francesco Carrà, 77 anni, napoletano, che gli è subentrato e ha diretto la divisione fino al 6 aprile 1993.

Oltre che di omicidio colposo Lippi, Cucchiarelli, Antonini, Bocchini, Sassi e Carrà sono accusati - a vario titolo - anche di una serie di violazioni riguardanti la prevenzione negli ambienti di lavoro. In particolare il pm Tripani contesta a manager e dirigenti di non avere adottato tutte le misure utili a garantire la tutela della salute dei lavoratori e in particolare quelle relative all'utilizzo delle mascherine con gli appositi filtri, alla sistemazione dell'amianto in ambienti separati e alla dotazione degli ambienti di lavoro di impianti fissi e mobili per l'aspirazione. Ma anche di non aver informato i lavoratori riguardo i rischi specifici derivanti dall'inalazione delle polveri di amianto.

L’inchiesta è partita sulla base di una segnalazione dell'Azienda sanitaria. Nell’indagine il pm si è avvalso della consulenza di Enzo Merler responsabile del Registro Veneto mesoteliomi, e dell'igienista industriale Patrizia Legittimo, di Firenze, la cui opera si è sommata a quella portata avanti dall'Azienda sanitaria di Trieste con il Dipartimento di prevenzione diretto da Valentino Patussi.

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