Amianto a Monfalcone, 600 sotto controllo
MONFALCONE. Il dato proviene dall’archivio del Centro regionale unico per l’amianto insediato all’Ospedale San Polo: 600 monfalconesi hanno sviluppato nell’arco di 20 anni le placche pleuriche per esposizione al minerale. Soggetti, dunque, sotto osservazione, considerando peraltro che la presenza di placche pleuriche non implica automaticamente lo sviluppo di una patologia cangerogena. Monfalcone e il suo territorio hanno comunque scontato pesantemente il dramma dell’amianto. A fornire il quadro della situazione è stato l’assessore all’Ambiente Gualtiero Pin che, anche sulla scorta della recente delibera di giunta comunale con la quale si sollecita un ulteriore sviluppo e impulso per il Crua, è impegnato a studiare e approfondire questo delicato e fronte che ha consegnato effetti pesanti sulla realtà monfalconese, frutto di una “storicizzazione” del fenomeno-amianto, bandito nel 1992.
I dati tratti dall’archivio e dal data-base del Crua, che raccolgono la “storia sanitaria” della popolazione isontina, e in particolare del Monfalconese, danno la misura sulla portata del drammatico fenomeno. I dati dunque sono riferiti agli ultimi vent’anni, ossia dal 1994 al 2013. Si parla di 533 morti per amianto nella provincia di Gorizia, di cui 323 solo per Monfalcone. Un’incidenza per la città equivalente al 66%.
In particolare, nella provincia isontina sono stati registrati 221 decessi per mesotelioma, 268 per neoplasie polmonari e 44 per asbestosi. Da questi dati complessivi, si evince, quindi, che a Monfalcone nel periodo indicato sono stati rilevati 126 decessi per mesotelioma, 167 per tumore al polmone e trenta per asbestosi. Si tratta di persone decedute, che hanno avuto un contatto prolungato nel tempo con il minerale, sostanzialmente di età riconducibile a fine carriera lavorativa.
Dal rapporto di archivio relativo ai decessi nell’Isontino del Crua, inoltre, risulta che, sempre nel lasso di tempo tra il 1994 e il 2013, nel Comune di Ronchi dei Legionari i casi di morte sono stati venti, mentre a Staranzano tredici.
Altro dato significativo è riferito all’attività ambulatoriale del territorio: risulta che su 210 visite eseguite tra il mese di giugno 2013 e il mese di agosto 2014, il 25% riguardano l’individuazione di patologie neoplastiche, il 70% l’individuazione di placche pleuriche, mentre il 4,7% viene riferito a soggetti affetti da asbestosi.
E ancora, c’è un ulteriore elemento relativo alle patologie neoplastiche: è stato rilevato, infatti, lo sviluppo di forme tumorali diverse da quelle polmonari, in particolare riguardanti il cancro al colon.
Dati, dunque, inequivocabili, che chiamano in causa la riflessione in relazione alla “fragilità” di un territorio che ha messo in fila numerose vittime dell’amianto.
Una situazione, dunque, come ha spiegato l’assessore all’Ambiente, Gualtiero Pin, che deve tenere conto anche del contesto del territorio, caratterizzato dalla forte presenza di realtà industriali.
L’assessore Pin ha definito le vittime dell’amianto «eroi silenziosi, al pari di quanti hanno combattuto sul fronte di guerra, e che, con il loro sacrificio e la loro dedizione professionale, hanno elevato il tessuto sociale del territorio, sostenendo con il loro lavoro le proprie famiglie, peraltro coscienti di cosa andavano incontro, di fronte allo sviluppo della ricerca clinico-medica che si è consolidata negli anni».
Sulla scorta di questi elementi, quindi, l’assessore all’Ambiente ha osservato: «I dati ricavati dall’archivio del Centro regionale unico per l’amianto forniscono un quadro delicato e difficile di un drammatico fenomeno, che non può essere “isolato” dal contesto generale del territorio attuale. Ritengo, infatti, che il compito degli amministratori e delle istituzioni debba essere proprio quello di sviluppare ulteriormente e con determinazione un percorso strutturato di salvaguardia e tutela della salute della popolazione».
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