Ambulanza, la registrazione della chiamata sotto esame
Tutto ruota intorno alle registrazioni. Le chiamate al 118 rimangono, infatti, tutte “in memoria” e permettono di avere un quadro importante delle richieste d’aiuto e delle modalità di soccorso conseguenti.
Ma l’Azienda sanitaria Bassa Friulana-Isontina nel caso dell’ambulanza “negata” non si accontenterà della registrazione ma effettuerà anche altre, scrupolose verifiche che porteranno via alcuni giorni.
L’annuncio è del direttore generale dell’Aas Giovanni Pilati che, ieri mattina, è ritornato “in plancia” dopo due giornate festive.
«Stiamo verificando le modalità di soccorso di questo caso balzato alla ribalta delle cronache - annuncia Pilati -. Abbiamo acquisito la registrazione della chiamata al 118 che ci permetterà di avere un primo quadro della vicenda. Successivamente, partirà un audit interno che riguarderà tutti gli operatori e i professionisti coinvolti, in varia misura, nella questione. Solamente quando il quadro sarà delineato con certezza, renderemo pubbliche le nostre conclusioni. Lo faremo senz’altro perché è giusto che i cittadini sappiano come sono andate le cose».
C’è anche un altro elemento già sottolineato nei giorni scorsi dall’assessore regionale alla Salute, Maria Sandra Telesca: la verifica dovrà far emergere se sono state rispettate tutte le procedure, inclusa quella che indica che, se i mezzi di una sede sono impegnati, si attivano quelli della sede più vicina: in questo caso Monfalcone. Ed è un concetto che ripete pure Pilati: se i mezzi di Gorizia sono tutti occupati, deve scattare il soccorso dei mezzi operanti su Monfalcone. Ed è intorno a questo che ruoterà di fatto la doppia indagine disposta dalla Regione da una parte e dall’Aas Bassa Friulana-Isontina dall’altro.
Intanto, nell’esposto presentato ai carabinieri da Luca Gregori, il figlio della sessantottenne morta qualche ora dopo, emergono le seguenti, testuali parole: «Mi sono precipitato a casa dei miei genitori e ho constatato, in effetti, lo stato di mia madre e decidevo di chiamare la dottoressa del reparto di Dialisi dell’ospedale di Gorizia che la seguiva già da settembre 2015 sia per le visite, sia per i cicli di dialisi. Nel corso della telefonata, la dottoressa mi suggeriva di chiamare la Guardia medica o meglio ancora il 118, insistendo di farla portare preferibilmente all’ospedale di Gorizia. Chiusa la comunicazione, verso le 19.35 circa, chiamavo il 118. Ricordo di aver spiegato il mio caso avendo specificato che era una dializzata, che era seguita da una dottoressa del presidio di Gorizia, e che già dalla tarda mattinata accusava un dolore in progressivo aumento, poiché si era arrivati ad una fase acuta dello stesso, richiedevo l’intervento di un’ambulanza per il trasporto in ospedale. Alla mia richiesta mi veniva riferito che al momento non c’erano ambulanze disponibili. A quel punto, riferendo che l’avrei trasportata io sotto la mia responsabilità, prima di interrompere la comunicazione, ricevevo come proposta l’eventuale supporto di una ambulanza inviata da Monfalcone, qualora mia madre si fosse aggravata durante il mio percorso da Doberdò verso l’ospedale di Gorizia», si legge, testuale, nell’esposto.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo