Alveari senza miele ma il Carso si salva dalla morìa friulana

TREBICIANO. Per gli apicoltori triestini l’inizio della stagione di raccolta del miele per questo 2014 è tutt’altro che incoraggiante. L’inverno tiepido e la primavera incerta non hanno favorito le...

TREBICIANO. Per gli apicoltori triestini l’inizio della stagione di raccolta del miele per questo 2014 è tutt’altro che incoraggiante. L’inverno tiepido e la primavera incerta non hanno favorito le piccole operaie nel loro lavoro. Per questa ragione la produzione del miele d’acacia, il primo a essere raccolto durante l’annata, risulterà piuttosto scarsa. L’unica consolazione per gli apicoltori locali è che la situazione complessiva degli alveari si presenta ben diversa rispetto a quanto sta accadendo nel vicino Friuli e in altre parti del Paese, dove ignoti agenti di sintesi, presumibilmente, stanno provocando una terribile moria degli insetti. Una situazione allarmate ancora da chiarire, ma che deve essere valutata in tutta la sua portata, visto che in natura il 70/80 percento dell’impollinazione viene garantita dalle solerti e instancabili api. La situazione dell’apicoltura triestina appare diversa, evidentemente perché sul Carso e dintorni non si pratica l’agricoltura intensiva.

«Lungo l’altopiano e negli immediati dintorni del capoluogo – spiega il presidente del Consorzio Apicoltori triestini Ales Pernarcic – troviamo un sovrapposizione di diversi habitat: la macchia mediterranea, la vegetazione tipica dei Balcani, quella suscitata dal clima continentale. Questa varietà e la particolarità del territorio garantiscono fioriture diverse. Nella nostra provincia cresce per esempio il ciliegio canino dal quale si ricava il singolare miele di marasca. Quello prodotto dal nostro apicoltore Fausto Settimi, qualche anno fa, si è guadagnato la “Goccia d’Oro”, il massimo riconoscimento nazionale per il nostro comparto produttivo». Gli apicoltori triestini, una novantina circa (ma il numero è variabile), operano prevalentemente part time. Sono quasi un migliaio gli alveari in provincia; le aziende più grandi gestiscono oltre la cinquantina di arnie, i più piccoli dalle 10 alle 20 a testa. Varia notevolmente il quantitativo di miele prodotto per alveare.

«Siamo piccoli ma capaci di offrire dei mieli di alta qualità – sostiene Pernarcic – con i quali partecipiamo con successo ai diversi concorsi promossi in sede nazionale, locale e nelle nazioni contermini». «L’inizio di stagione purtroppo è tutt’altro che promettente – interviene Fausto Settimi, convenendo con il proprio presidente e i colleghi la magra raccolta. Per la verità – continua Settimi – è il quinto anno filato che ci troviamo a soffrire. Il clima bizzarro è una causa che continua a penalizzarci. L’inverno anomalo e caldo, la piovosità e i colpi di freddo di una primavera a corrente alternata hanno compromesso la raccolta del biondo miele d’acacia. Siamo a 4–5 kg di miele per arnia, un risultato minimo se tentiamo di paragonarlo a una media normale attorno ai 15 kg e oltre. Ora speriamo di far meglio con il tiglio ormai prossimo alla fioritura”. Settimi non è solo uno degli apicoltori di punta del comparto triestino, ma è un sincero ammiratore delle piccole operaie, tanto da fornire al riguardo dei dati strabilianti. Per fare un kg di miele, le api devono visitare da 5 a 7–8 milioni di fiori. Un grammo di miele rappresenta 7.500 fiori visitati.

Maurizio Lozei

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