Altro che ultimi della classe, è la rivincita dei somari
Per gli asini è l’ora della grande rivincita. Sfruttati e battuti a sangue per secoli come umili bestie da soma. Vilipesi, derisi e additati come l’esempio peggiore a generazioni di studenti che si sono sentiti appioppare l’epiteto di somari quando proprio non ci arrivavano con la testa.
Coperti di vergogna anche nel capolavoro di Collodi, che trasforma Pinocchio e Lucignolo in ciuchini a mo’ di punizione per la loro condotta scriteriata. Infine, nella vita reale, espulsi persino dalle fattorie perché rimpiazzati dai trattori, tanto che trent’anni fa i cugini poveri del cavallo erano arrivati quasi sull’orlo dell’estinzione. Oggi, invece, possono ragliar vittoria dall’alto di numeri che ne segnano il ritorno sulla scena: gli asini in Italia sono 62mila e negli ultimi dieci anni sarebbero addirittura quadruplicati, secondo gli ultimi dati di Coldiretti (negli Anni 50 erano circa un milione, ndr).
Merito delle attività che li vedono protagonisti grazie al carattere mansueto, alla proverbiale caparbietà e a un’intelligenza che quasi nessuno riconosceva loro, ma che invece ne fanno partner ideali nelle fattorie didattiche coi bambini, nel trekking, nella pet therapy coi disabili, per non parlare del team bulding per le aziende, dove servono a motivare impiegati e manager.
Il loro ritorno in grande stile, impreziosito da prodotti come il latte d’asina e i suoi derivati cosmetici, si deve a personaggi come Giuseppe Borghi, che verso la fine degli Anni 80 si è messo a recuperarli in giro per la penisola, nei cascinali dove non servivano più, fino a dar vita all’allevamento più grande d’Italia, se non d’Europa: a Mondebaducco, sui colli reggiani, ce ne sono 800 di 13 razze diverse, dal romagnolo autoctono, al pugliese di Martina Franca, all’Amiatino, al Ragusano, fino al pezzato irlandese, agli asini bianchi di origine egiziana e diversi meticci. «La nostra impresa è nata nel 1990 grazie alla passione di mio padre, che viene da una famiglia contadina e da giovane aveva un’asina a cui era molto affezionato - racconta Davide Borghi, il figlio -. Quando suo padre decise di venderla per sostituirla col trattore, per lui fu un vero dispiacere, così nacque il suo sogno di dar vita, un giorno, a questo allevamento». Oggi che il sogno è una realtà consolidata, e sui prati delle colline di Montebaducco brucano ciuchi di tutta Italia, si decantano le qualità dei prodotti ricavati dal latte d’asina: «E’ usato per la linea cosmetica, per biscotti, gelati, liquori a base di grappa».
Ma è soprattutto nel suo impiego al posto del latte umano e, in caso di intolleranza da parte dei bambini, di quello vaccino, il valore aggiunto dell’alimento: «Attraverso le analisi compiute in collaborazione con l’ospedale Regina Margherita di Torino, abbiamo scoperto che è un ottimo sostituto per i bimbi – aggiunge Borghi -. Siamo anche in grado di liofilizzarlo a freddo e di spedirlo a distanza, in polvere». Un’asina ne produce cinque litri al giorno: uno viene prelevato e trattato, gli altri quattro restano all’animale, perché possa darlo al suo piccolo. I ragazzini delle scuole salgono quassù per le gite didattiche, a scoprire tradizioni contadine dimenticate e a toccare con mano una delle creature più bistrattate della storia: «Sono anche animali da compagnia: vengono a comprarli perché amano gli asini e allo stesso tempo loro gli tengono pulito il giardino mangiando l’erba».
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