Altran: «Ho ancora ambizioni La città attiri nuove industrie»
È una Silvia Altran che affila le unghie, all’alba di questo cruciale 2016: anno che per l’Isontino serba parecchie incognite elettorali e gli esiti, imprevedibili, di un referendum che potrebbe portare a un assetto molto diverso del territorio. Lei si schermisce davanti all’ipotesi di una sua candidatura per il centrosinistra, ma già parla da aspirante alla poltrona-bis. Il Pd, frammentato a livello nazionale in correnti e correntine, anche qui assiste a tesserati che se le cantano di santa ragione, dalla Città Comune alla sanità. Ma Altran dovrebbe rappresentare al 99,9% la sintesi a Monfalcone. C’è solo un grande punto di domanda che pesa sul perfetto incastro del puzzle-amministrative: la fusione dei Comuni, che se decretata alle urne, rischia di sparigliare le carte e mandare gambe all’aria il disegno. Insomma, se si scuciono i confini tra Monfalcone, Ronchi e Staranzano non è detto Altran sia la candidata unica: troppe variabili in circolo.
Sindaco, diamo per scontato che lei si riproponga: teme più il centrodestra, i grillini o la sinistra che non vota Pd?
Le elezioni non sono dietro l’angolo e bisogna vedere cosa succederà, quando di preciso ci sarà il referendum per l’unificazione dei tre comuni e quale lo scenario che si presenterà.
Non chiediamo i nomi.
Non si tratta di temere gli avversari politici. Vorrei capire quali sono e come si presenteranno le compagini con cui il centrosinistra si misurerà. Conoscere i progetti che vorranno portare avanti. Chi si siederà a un confronto e con chi. Soprattutto con quali proposte per la città.
Ma chi può togliere più voti?
È tutto davvero prematuro, visto che probabilmente non si voterà tra quattro mesi. Tutto dipende dal referendum. Nelle prossime settimane avremo date certe e su quelle ci muoveremo.
Il referendum potrebbe cambiare un po’ di cose…
Senz’altro, se si va a costruire un unico Comune lo scenario muta completamente.
Lei potrebbe essere il candidato del maxi-ente?
Sarà tutto da valutare, perché potrebbero cambiare un sacco di cose. Banalmente Staranzano è andata alle urne molto dopo Monfalcone e Ronchi, entrambe in scadenza, e ha appena iniziato... Si tratterebbe di compiere un ragionamento del tutto diverso.
Ma lei si vedrebbe sindaco della Città Comune?
Non mi sono posta il problema. Perché quest’anno sono stata assorbita in toto dalle Uti: come sindaco del comune capofila ho dovuto impegnarmi molto sul tema che, tra l’altro, pure s’inserirà nel quadro.
Come giudica il “fortino” del no-fusione di Ronchi e i suoi toni?
Io cerco sempre di ragionare sulle cose, non sulla scia di emozioni. L’ho sempre detto di essere favorevole alla fusione, ma nel rispetto degli altri comuni. Bisogna interpretare bene i ruoli di tutti. E capire qual è il futuro che si vuole.
Ma con le rivalità non si rischia di inficiare le collaborazioni intessute? E cosa accadrà con le Uti?
Difatti. Si deve tener conto che da un lato si potrebbe costituire un grande Comune, con un organico unico, e dall’altro ci sarà comunque un’Unione territoriale che, magari in tempi più dilatati, metterà a fattor comune 14 funzioni fondamentali. Prima o dopo alle unificazioni ci arriveremo comunque.
Allora la battaglia di Ronchi è inutile?
Lo vado ripetendo da tempo che il problema è stato la sovrapposizione di Uti e fusione. Per me non opportuna.
Insomma, colpa di Volpato&co?
Se è stata approvata una legge che prevede l’abolizione delle Province con delega di alcune funzioni a enti locali e simultaneamente si delinea l’accorpamento sotto le Uti, allora andare in quel frangente a raccogliere firme per far sovrapporre le cose è quanto meno improvvido.
Ma lo slittamente delle amministrative è un bene o un male?
Dal punto di vista della campagna al voto un male: tutti sono già in agitazione. Gli altri, non io. Si danno molta pena e pongono le questioni in termini elettorali, cosa che per un amministratore non è mai positivo, perché un sindaco prima di tutto deve fare il bene del territorio, non ciò che è comodo elettoralmente parlando. Non paga, ma non cambio fino all’ultimo giorno.
C’è chi pensa invece alle elezioni regionali. E lei?
Minimamente. Piuttosto penso alle numerosissime attività di volontariato presenti in città.
È una risposta politica.
Non intendevo porla in tal senso. Lavoro 14 ore, 7 giorni su 7 e, al di là delle cose piacevoli dettate dall’essere sindaco, mi pongo il problema di cosa fare un domani. Nel volontariato potrei impiegare al meglio le esperienze maturate.
Un po’ come Pizzolitto con l’Auser?
Sì, ma non è detto lo debba fare nel 2016. Posso ancora attendere per fare la volontaria.
Certo immagino non lo dirà adesso, se si ricandida.
Infatti.
Poniamo di sì, punterà sulla continuità o su un programma diverso?
Il programma del 2011 fu steso quando si sapeva della crisi, ma non la si immaginava nelle sua reale portata. Sono stati anni veramente molto duri, anche sotto il profilo economico, per l’incertezza degli spazi finanziari. Inoltre, con l’aumento del tasso di disoccupazione una fascia di popolazione ha richiesto sostegno. E dunque il mio programma, improntato su un’idea di sviluppo, non ha potuto esplicarsi. Ho dovuto tener botta, mantenere i servizi, cosa peraltro fondamentale, e non ho potuto guardare alto. Ma io ho ancora obiettivi ambiziosi, cui questa città può ragionevolmente aspirare.
Per esempio?
C’è tutta la partita economica, per me importantissima. Monfalcone ha potenzialità che sono state espresse e continuano a esserlo. Penso a Eaton che si sta rimettendo in pista, a Nidec che sta assumendo giovani, a Fincantieri con ancora 4 commesse, a Mangiarotti, a Montecarlo yacht e Sbe: ci sono situazioni finanziariamente sane che possono dare risposte. Qui, nonostante la diminuzione della disoccupazione, ci sono ancora giovani privi di un’occupazione. Io voglio che la città riesca a trovare punti di forza per uno sviluppo futuro.
E il Comune che può fare?
Fungere da stimolo ed essere coprotagonista nelle scelte. Per esempio: sull’accorpamento dei consorzi industriali c’è stata una legge che ha dato input, ma non è sufficiente: urge un contesto più ampio in cui credere e proseguire. Arrivano qui aziende che possono dare lavoro di qualità ai nostri laureati o diplomati. E si possono aprire spazi per quel manufatturiero che ha visto la fuoriuscita di 50enni. Con la Regione dobbiamo puntare su Monfalcone quale polo di grande sviluppo tecnologico e innovazione. Abbiamo aree industriali già infrastrutturate e altre che lo possono facilmente diventare. E una posizione logistica invidiabile. Siamo davvero nelle condizioni di creare uno sviluppo di qualità e non inquinante.
Su Fincantieri c’è chi le chiede di essere più dura su una serie di temi, l’ultimo dei quali la sosta delle auto.
Ora c’è una crisi specifica che riguarda un’azione assunta da Fincantieri, su cui però vi sono colloqui in atto. Il tema più in generale è stato già affrontato dall’ente. C’è un progetto importante: un grande parcheggio dedicato ai dipendenti nell’area “ex Corea”, al confine con la Lega navale. Fincantieri ha già steso il piano e ottenuto le autorizzazioni. La soluzione nel medio termine c’è. Relativamente alle altre questioni credo si debba ragionare argomento per argomento.
Il cittadino medio vorrebbe un maggiore impegno di Fincantieri anche sulle famose ricadute sociali.
Bisogna trovare un punto di equilibrio più avanzato rispetto ai lavoratori che non sono dipendenti diretti. Si avverte la necessità di iniziative che riguardano il loro permanere sul territorio, affinché vi sia maggiore tranquillità. Non è possibile che queste persone vengano, lavorino e poi vadano via, specie quando si tratta di nuclei interi. Non è competenza del Comune stabilire le modalità di assunzione degli operai, anche se noi stiamo sempre attenti. Ma non si può pensare che qui le persone vivano alla giornata. Non è sostenibile. Dobbiamo trovare il modo affinché chi arriva o ha un contratto di tre mesi e poi non torna più oppure se ha prospettive di fermarsi goda di una certa continuità. Con le nuove commesse ritengo Fincantieri in grado di dipanare la matassa.
Il modello di integrazione è una classe al 100% straniera?
Assolutamente no, quel disagio alla Duca d’Aosta si è verificato l’anno scorso per una serie concomitante di eventi. Abbiamo già segnalato alle competenti autorità scolastiche che non siamo d’accordo. Ci è stato detto che si farà tutto il possibile affinché ciò non si ripeta più.
Il caso amianto quanto ha pesato?
La mia scelta è stata molto sofferta, ma ora mi sento di dire che qualcuno la doveva fare. Non si può più ragionare in termini di “Si sarebbe dovuto fare”, bensì “Si deve fare qualcosa ora”. Assieme. Non è stato facile spiegarlo, ma quando le cose si realizzeranno verrò capita. Sul versante giudiziario, i processi devono proseguire e mi preoccupano i dati del tribunale di Gorizia.
In campagna elettorale, le rinfacceranno il ritiro della costituzione di parte civile.
Reputo cinico sfruttare la tragedia dei nostri morti per farsi eleggere. Abbiamo necessità di cose concrete, perché la vicenda dell’amianto non è finita qui. Purtroppo si continua ancora ad andare ai funerali.
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