Alta tensione tra Roma e Parigi su Fincantieri e Stx
TRIESTE. Braccio di ferro tra Roma e Parigi su condizioni e modalità dello sbarco Fincantieri nel grande sito atlantico di Saint Nazaire. Fonti del ministero dell’Economia (Mef) hanno fatto trapelare ieri sera che la parte italiana accetterà modifiche dell’accordo intervenuto a maggio (quando era in carica il governo pre-Macron) solo se a Fincantieri saranno riconosciuti la maggioranza azionaria di Stx France e il cosiddetto “casting vote”, ovvero il voto decisivo in caso si venisse a determinare una situazione di stallo decisionale in consiglio di amministrazione.
Ma le stesse fonti hanno chiarito che il governo francese non ha accettato il “rilancio” da parte dell’esecutivo italiano. D’altronde pochi minuti prima il ministro dell’Economia Bruno Le Maire, che negozia la partita per l’interlocutore istituzionale d’Oltralpe, aveva ribadito la posizione di Parigi, favorevole a una divisione fifty/fifty dell’assetto azionario di Stx France: il 50% italiano in mano a Fincantieri, il 50% transalpino suddiviso tra mano pubblica e dipendenti del gruppo cantieristico atlantico. Il ministro ha posto sul piatto della bilancia, per blandire le prevedibili resistenze italiane, il rafforzamento della cooperazione sulle costruzioni navali militari.
La risposta negativa di Roma e l’irrigidimento di Parigi costringono le parti a una trattativa serrata, che ha un punto di caduta obbligata sabato prossimo, 29 luglio. Infatti entro quella data il governo francese potrebbe forzare la situazione, esercitando il diritto di prelazione statale, quindi procedendo di fatto alla nazionalizzazione di Saint Nazaire. Da parte del presidente Macron non si tratterebbe certamente di una cortesia nei confronti del governo Gentiloni e del partner comunitario italiano: sarebbe un precedente molto forte, che peraltro non vanta reciprocità romane.
Il dossier-Stx France si è sviluppato e ingarbugliato vorticosamente negli ultimi due mesi, dopo che il tribunale di Seul aveva autorizzato il passaggio degli asset cantieristici atlantici a Fincantieri per un controvalore di 79,5 milioni di euro. Durante le ultime fasi della presidenza Hollande, Fincantieri e il governo di Parigi avevano chiuso un accordo, in seguito al quale l’azienda italiana avrebbe detenuto il 48%, la Fondazione Cassa di risparmio Trieste avrebbe acquisito il 7%, alla mano pubblica francese sarebbe andato il restante 45%.
Subito dopo l’elezione, Macron aveva contestato l’intesa, in quanto Stx France sarebbe stata controllata de facto da un 55% italico costituito dall’asse Fincantieri-Fondazione CRT. La prima controproposta di Parigi prevedeva il possibile ingresso nella compagine sociale dei due maggiori committenti di Saint Nazaire, Msc e Rccl, per sparigliare il gioco e mettere Fincantieri addirittura in minoranza. Poi, come abbiamo visto, i francesi hanno optato per una soluzione al 50%, che, dal punto di vista della gestione e del governo aziendale, si presenta francamente di difficile manovra. Vedremo cosa s’inventeranno i contendenti per evitare quella che al momento si profila come una rotta di inevitabile collisione: lo stretto margine temporale verificherà quanto le distanze siano tattiche o meno.
Fincantieri non commenta. Nella nota sul bilancio semestrale diffusa ieri sera, l’amministratore delegato Giuseppe Bono si è dichiarato fiducioso che il negoziato con il governo francese si concluderà «nel rispetto della condizione, per noi imprescindibile, che la combinazione delle due società possa creare ulteriormente valore». Poichè è intuibile che il tema del 50% non lo soddisfi, sembra che in questa fase il governo - in particolare il ministro Pier Carlo Padoan - abbia ritenuto che la creazione di valore non passi attraverso il dimezzamento di Saint Nazaire. Posizione condivisa anche da Fiom e Uilm.
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