Almira Sadar, abiti fatti all’uncinetto con grande ironia
di Arianna Boria
Tradizione e modernità. Vecchio e nuovo. Lavorazioni recuperate dal sapere di mamme e nonne e attenzione al design più avanzato. Ingredienti che per la stilista slovena Almira Sadar si sintetizzano in due parole: “slow fashion”. Come per la buona tavola, un modo di vestire senza frenesia. Una moda non di moda, non usa e getta, non legata alla stagione e quindi nata già datata, piuttosto una moda che si riallaccia a usi e costumi del territorio per vestire la donna di oggi.
Per la primavera-estate i suoi abiti sono cosparsi di fiori. Grandi, colorati, pieni di energia. Flower-power come terapia anti-recessione, almeno dal punto di vista psicologico. Appena tornata dal Giappone, dove ha preso parte a un programma europeo per stilisti e ha presentato la sua prossima collezione invernale, Almira Sadar si è trovata in perfetta sintonia con i colleghi nipponici. Due latitudini che si toccano nel gusto per il taglio architettonico - che a lei deriva dagli studi universitari - per il rigore e una vena un po’ ludica. Come in quelle sue “volpine” di stoffa, di tartan, a pois, una sciarpa divertente e ironica che propone da sempre e quest’anno è più che mai a prova di crisi.
. In Giappone ha visto qualcosa che l’ha ispirata e che pensa di sviluppare in futuro?
«Il Giappone è uno dei paesi più stimolanti del mondo, puoi davvero toccare con mano ovunque l’intreccio della tradizione profonda, della modernità e alta tecnologia. Ma c’è una caratteristica comune negli stilisti: l’attenzione al dettaglio e il senso dell’ordine».
Nel suo negozio di Lubiana c’è la nuova collezione primavera-estate 2013. Molti fiori e pois. Un segno di ottimismo, vista la situazione economica?
«Non credo che la situazione attuale debba spingerci a vestire abiti neri e pessimistici. Da quanto mi ricordo, di crisi qui ne abbiamo già passate altre e di diversi generi. La vita va avanti e tutti dobbiamo adattarci ai cambiamenti che presenta».
Lei ha chiuso un negozio qualche mese fa e da poco ne ha aperto uno nuovo. Questo sì che è un segno di ottimismo...
«Non tutti i cambiamenti sono necessariamente negativi. Il negozio di prima era diventato troppo grande e troppo costoso e volevo che la relazione con le mie clienti fosse più personale. Le mie collezioni nel nuovo negozio sono più piccole e nuovi pezzi arrivano in continuazione. Mi rinnovo più in fretta».
Lei propone maglie molto colorate, fatte all’uncinetto. È un’appassionata di lavorazioni tradizionali?
«Negli ultimi anni la moda è cambiata moltissimo. La globalizzazione, la “fast fashion”, l’informatizzazione, hanno completamente rivoluzionato il ciclo precedente. Io credo nel concetto della “slow fashion”, che sta proprio all’estremo opposto: il rispetto per le identità del territorio e quindi la ripresa delle lavorazioni artigianali e della cultura del DIY, “do it yourself”, ovvero del fai da te».
Che però combina con tagli al laser...
«Molte delle moderne tecnologie si fondano in quelle tradizionali. Questo è evidente proprio nel lavoro di un giapponese: Issey Miyake è lo stilista più avanzato tecnologicamente, ma il suo lavoro per la maggior parte deriva dalla ricca tradizione dell’artigianato».
Nella sua boutique si tengono corsi di uncinetto. È la crisi che ci riporta a questi “lavori domestici”?
«La cultura del Diy non è soltanto un revival delle lavorazioni manuali, ma ha a che fare con lo sviluppo della propria creatività e con la socializzazione tra le persone. Signore di varie età e professioni si incontrano una volta la settimana nel mio laboratorio, e insieme lavoriamo all’uncinetto, a ferri, cuciamo... e anche ci raccontiamo storie della vita di ogni giorno di ognuna di noi».
Quando ha scoperto che voleva diventare una stilista?
«Sono sempre stata interessata a molte cose contemporaneamente. Se non fossi diventata una stilista, avrei studiato matematica».
Com’era la sua prima collezione?
«Una serie di camicie bianche di cotone, che si basavano su quelle maschili».
E adesso, che cosa la ispira quando si tratta di crearne una nuova?
«La vita di ogni giorno, la famiglia, i viaggi, i libri, i film, gli amici...».
Suo marito è uno dei più famosi architetti di Lubiana, il suo studio ha progettato il primo design hotel in Slovenia. La influenza?
«Veramente guardo, commento e anche critico il lavoro di mio marito. Non è particolarmente interessato alla moda, quando ci confrontiamo parliamo piuttosto di design, architettura e arte».
Lei è stilista e insegnante. Quali sono i sogni dei suoi studenti?
«Insegno Fashion design all’Università di Lubiana. I miei ragazzi sono molto creativi e lavorano sodo. Il futuro li preoccupa, nel senso che vogliono diventare stilisti capaci e con una base solida».
Che consigli dà loro, per aiutarli a muoversi in questo mondo piuttosto complicato?
«Li aiuto a sviluppare la creatività che hanno e a misurarsi con tecniche diverse. Questa è la base di partenza. Ma dico loro che devono essere consapevoli che senza un lavoro duro non otterranno alcun risultato».
Che suggerimento darebbe al nuovo premier sloveno, Alenka B ratušek?
«È molto ben vestita. Dalle mie collezioni, sceglierei per lei una sciarpa di seta».
E alla nuova star dello sport, Tina Maze?
«È così potente che davvero non ha bisogno di molto. Se le dovessi regalare un vestito, punterei su qualcosa di estivo e molto colorato, per le sue vacanze ben meritate».
Qual è lo stilista italiano che le piace di più?
«Giambattista Valli. Mi piace la poesia che c’è nel suo lavoro, la relazione che crea con i materiali e con le nuove fibre, la ricerca di silhouttes sempre interessanti. Assistere a una sua sfilata è come entrare in una favola.».
Come vede Trieste da Lubiana?
«Quando vengo a Trieste mi sento sempre una turista, adoro bere il caffè e guardare il passeggio. La strada che immette alla città è speciale, con la vista del mare a perdita d’occhio. Mi piace Trieste specialmente il sabato pomeriggio, quando c’è tanta gente in giro, mentre Lubiana si svuota».
Una donna italiana con cui vorrebbe confrontarsi?
«Mi interesserebbe fare una chiacchierata con Miuccia Prada e con Elsa Schiaparelli, come quella “virtuale” che l’anno scorso ha organizzato il Metropolitan Museum di New York».
@boria_A
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo