All'ospedale infantile Burlo Garofolo di Trieste guarigione totale del 75% dei pazienti curati per un tumore
TRIESTE Guarigione completa per oltre il 75% dei casi all’Irccs Burlo Garofolo, grazie a protocolli chemioterapici all’avanguardia e alla presa in carico multidisciplinare. Migliorano non solo gli esiti, ma anche la qualità di vita dei ragazzi che contano sul costante supporto psicologico e della scuola in ospedale. «Grazie ai progressi fatti in ambito emato-oncologico – dichiara il dottor Marco Rabusin, direttore della Struttura Complessa di Oncoematologia dell’Irccs Materno Infantile Burlo Garofolo – oggi la possibilità di ottenere la guarigione per una neoplasia in età pediatrica è superiore al 75 % e per le leucemie linfatiche acute, uno dei tumori più diffusi in età pediatrica, si arriva all’85%. Risultato ottenuto grazie al costante utilizzo di protocolli chemioterapici all’avanguardia – prosegue – utilizzati in tutti i centri italiani che curano i pazienti affetti da tumore nell’ambito della rete Aieop – Associazione Italiana di Emato-Oncologia Pediatrica di cui il nostro Istituto è centro di riferimento in Fvg, ma anche in virtù degli straordinari miglioramenti in ambito diagnostico».
L’obiettivo della rete è garantire a tutti i bambini e adolescenti colpiti da un tumore un protocollo di diagnosi e cura omogeneo in tutta Italia con la possibilità di accedere a farmaci sperimentali con meccanismi d’azione innovativi rispetto alle consuete strategie chemioterapiche grazie allo sviluppo di protocolli terapeutici internazionali specifici per ogni singola patologia oncologica. Si tratta di tumori che richiedono spesso dai 12 ai 24 mesi di terapie e ambienti protetti e adatti ai bambini. Una questione aperta è la tossicità dei farmaci nei bambini sottoposti a chemio e radioterapia nell’età dello sviluppo, per questo da molti anni il Burlo ha sviluppato progetti di ricerca nell’ambito della farmacogenetica e della farmacogenomica applicate all’emato-oncologia che studiano: come le differenze genetiche influenzano la variabilità della risposta farmacologica di un individuo e l’identificazione di differenze genetiche utili per lo studio di nuovi farmaci e il loro sviluppo nell’ottica di una sempre migliore personalizzazione del programma terapeutico.
Nel reparto diretto dal dottor Rabusin ogni anno circa il 20% dei nuovi casi curati provengono da paesi a scarse risorse economiche e sanitarie, principalmente paesi dell’area balcanica ma da qualche anno è stata avviata una collaborazione anche con il Kurdistan Iracheno. «Grazie alla lunga collaborazione con le onlus Bambini del Danubio, Fondazione Luchetta e l’Agmen questa città si è dotata – commenta Rabusin – di un sistema molto virtuoso e forse poco conosciuto che permette al nostro reparto di accogliere e curare bambini che non avrebbero accesso alle cure sanitarie adeguate nel proprio paese e che devono essere ospitati e supportati economicamente per tutta la loro permanenza in Italia». In questo periodo di pandemia, per i giovani pazienti e le loro famiglie si è aggiunto lo spauracchio di un altro nemico invisibile. «Il Covid ha avuto un impatto a livello organizzativo e psicologico e per fortuna – dice Rabusin – ha inciso poco dal punto di vista clinico: ci sono stati casi di bambini seguiti da noi con il virus ma che non ha portato a particolari gravi complicanze. Le famiglie dei bambini in cura per tumore sono famiglie abituate a vivere un certo grado di isolamento». –
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